Secondo pezzo di economia scritto da Roberto Kidzik, ricevuto nel week end e pubblicato al lunedi' come inizio di settimana del blog, a me sembrava un onore per lo scrittore invece sono stato tacciato a censore, sotto pressione pubblico:
WEEKLY PILLOWS
Accantonati per una settimana “shutdown” e
innalzamento del debito americano (ma tali temi si riproporranno in
febbraio), la settimana ha messo sotto i riflettori la moneta europea,
l’euro.
Ora il rapporto con la valuta americana è 1.38 ma gli analisti lo vedono, senza patemi, sfondare la soglia di 1.40 entro il mese.
Super euro verrebbe da pensare, vedendo le quotazioni galoppare da 1.28 ai livelli attuali…in realtà l’apparenza inganna. Non è la valuta europea ad essersi rafforzata ma quella americana ad essersi indebolita.
Ora il rapporto con la valuta americana è 1.38 ma gli analisti lo vedono, senza patemi, sfondare la soglia di 1.40 entro il mese.
Super euro verrebbe da pensare, vedendo le quotazioni galoppare da 1.28 ai livelli attuali…in realtà l’apparenza inganna. Non è la valuta europea ad essersi rafforzata ma quella americana ad essersi indebolita.
Cerchiamo di capirne il perché.
Verso maggio Ben
Bernanke (attuale presidente della Fed) aveva annunciato l’intenzione da
parte della Banca Centrale americana di ridurre gli stimoli monetari
all’economia di 10 mld al mese (attualmente la Fed “pompa” nel mercato
85 miliardi di dollari acquistando treasuries)….apriti cielo: violenta
bufera sui mercati finanziari, dollaro in rafforzamento, crollo delle
piazze europee. Tant’è bastato per far si che il buon Ben precisasse la
sua intenzione di ridurre gli stimoli solo nel caso in cui la
disoccupazione statunitense scendesse di un paio di punti. I mercati
(con la memoria corta) hanno apprezzato e l’euro ha iniziato a correre.
Un’altra spinta è stata impressa al movimento quando uno dei successori/antagonisti di Bernanke alla guida della Fed (Summers) ha deciso di ritirarsi e di lasciare la poltrona alla colomba Janet Yellen, che avrebbe proseguito la politica accomodante di “zio Ben”.
Un’altra spinta è stata impressa al movimento quando uno dei successori/antagonisti di Bernanke alla guida della Fed (Summers) ha deciso di ritirarsi e di lasciare la poltrona alla colomba Janet Yellen, che avrebbe proseguito la politica accomodante di “zio Ben”.
Il
problema, a questo punto, si trasferisce in Europa: a questi livelli di
cambio Germania Francia e Italia (in primis) perdono competitività ed
esportano di meno causa il forte
valore dell’euro. Una ripresa -che ancora non si vede in tutta
l’Europa- (salvo la Spagna che, in settimana, ha annunciato il primo Pil
positivo dopo due anni) è resa ancora più precaria da questo cambio
“forte” che ci mette all’angolo e dalla mancanza di azione e correttivi
monetari da parte della Bce, di matrice germanica e che va assomigliando
sempre più alle tre scimmiette siciliane (non vedo, non parlo, non
sento).
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