martedì 16 giugno 2015

Guerra alla Francia


Sono rimasto molto colpito da quello che sta succedendo a Ventimiglia (forse Venticinquemiglia, dopo l'avvento del governatore Toti in Liguria, lo stesso che ha dato supporto morale ai tre, 3, maro' in India) dove centinaia di emigranti sono stati bloccati con la forza alla frontiera francese. 
Prima di scrivere frontiera, ho dovuto tirare questa parola fuori dalla naftalina, togliere la polvere e riportarla sul testo. 
Le immagini dei telegiornali mostrano il Ponte San Ludovico con polizia francese da una parte e italiana dall'altra che evidentemente attendono istruzioni. Le autorita' francesi smentiscono categoricamente che le frontiere (coff, coff, ancora polvere!) siano chiuse, ma gli extracomunitari che vogliono anche solo transitare per la Francia sono impossibilitati a farlo, quindi?
 I migranti hanno fatto capire bene che  indietro non tornano, rinunciano ad una registrazione in Italia perche' non e' questa la loro destinazione, minacciano di buttarsi a mare. 

Non va meglio in alcune stazioni ferroviarie, su tutte Milano Centrale, dove la Croce Rossa e il volontariato stanno gestendo con cuore ed orgoglio la situazione.

Tutti questi spunti sono il frutto di una veloce e probabilmente superficiale lettura di un unico quotidiano nazionale on line; ovviamente nell'home page queste persone  sono relegate alla quarta-quinta notizia dopo gli sproloqui della nostra classe dirigente, la vittoria (o comunque la non sconfitta) di tutti alle amministrative, qualche macabro fatto di cronaca che fa audience, e il calcio.

Dopo questa brevissima e poco circostanziata premessa volevo formularvi la mia soluzione, forse semplicistica ma sicuramente motivata. 

Nel 1986 ero al Q di Ibiza, la discoteca piu' trendy dell'epoca, quella che lancio' l'istriano Sandy Marton, quando con ancora negli occhi l'urlo di Tardelli di quattro anni prima, seguivo un palpitante Francia-Italia di un triste azzurro mondiale messicano. Due a zero per i galletti, vado a memoria: Platini e Stopyra ma posso sbagliare. Avevo dodici anni mia sorella sei, mio padre e mia madre attorno ai trenta e chiaramente stavamo loro rovinando le vacanze in un posto cool.

Forse li' e' iniziata la mia personale poca simpatia per i transalpini, senza scomodare la persin troppo inflazionata sorella di Zidane, con relativa testata a quel pessimo elemento di Materazzi.
Sembrera' futile il motivo dell'antipatia soprattutto se confrontata con la serissima premessa che ha iniziato questo post, sta di fatto che mi sembra necessario redigere una dichiarazione di guerra alla Francia.
E mentre penso veramente come potrebbe essere articolato un simile documento, il sottofondo musicale che ho scelto per accompagnare il tichettio della tastiera del pc aumenta ancora di piu' la mia consapevolezza; ispirato dall' immortale Freak Antoni e dalla sua nobile ciurma, con la loro "Riprendiamoci la Corsica" decido  che l'azione e la conseguente strategia e' fatta. 
Sono un allenatore sportivo, magari non un generale, ma posso discutere di strategia con coscienza di causa. 
Lo dice Freak lo confermo io: la chiave e' la Corsica e abbiamo anche una motivazione: Bonaparte era italiano qualche diritto lo abbiamo… Agiremo d'estate perche': un gesto gratuito ma fiero giocheremo sul relax vacanziero approfittiamo dello svacco salottiero. Ma dobbiamo essre convinti perche':  se tu non vuoi esporti forse è meglio che non parti.
Abbiamo un ripiego: se va male, proveremo con la Svizzera. 

Potra' essere una soluzione paradossale, triste, ridicola ed ignorante, ma la situazione che stiamo vedendo a Ventimiglia e a Milano Centrale in qualsiasi telegiornale non lo e' anche?

martedì 9 giugno 2015

RUSPE

In questi giorni mi sono tornate in mente le parole del pubblico ministero Katzman al processo Sacco-Vanzetti:

ma quali testimoni, una fila di squallidi personaggi usciti dai bassifondi della nostra societa', miserabili straccioni.
Non ingiurio nessuno se dico che i testimoni italiani sono meno attendibili. Certo fa male al cuore vedere dei poveretti arrivati dai paesi piu' lontani e miserandi, incivili, bisogna pur dirlo.
Italiani, Greci, Portoricani, Polacchi, Cileni fa pena certo, pensare ai loro sforzi inumani per mettere radici in una civilta' superiore, cercare di adeguarsi ai nostri costumi, alla nostra mentalita'.
Signori membri della giuria, quale razzismo peggiore di chi come la difesa vuole contrapporre a leali cittadini americani, testimoni ineccepibili e coscienziosi, una massa di poveri immigrati, gente che non sa nulla dei nostri principi nazionali, dei grandi ideali di democrazia e giustizia che regolano la nostra societa, individui che non parlano neanche la nostra lingua.
E' gente come questa che rappresenta il maggior pericolo per le nostre istituzioni, dobbiamo aver comprensione, certo, ma non fino al punto di mettere in pericolo.
Sapete che tra gli italiani ci sono riti di sangue, in cui il sangue del maestro, viene materialmente mescolato a quello del discepolo, del nuovo iniziato. Barbari! Barbari! 


Aggiungo: ruspe!!!




lunedì 8 giugno 2015

L'inutile fuga

Guido anche se odio farlo, ricordo nel cortile di casa quando da bimbo giocavo con i miei amici e mio padre tornava dal lavoro. Due colpi di clacson, la mia corsa verso l'interruttore del cancello, portone aperto, un cenno con la mano e mio padre mi prende sulle ginocchia mi fa impugnare il volante. Conduco la macchina dentro al garage riempiendo d'orgoglio il "vecchio".
L'ho sempre fatto per lui, in verità non vedevo l'ora di tornare in cortile con i miei compagni di gioco.
Chissa' se e' partito da li' il mio totale disinteresse per automobili e guida.

Ora ho la fortuna di poter fare tutti i miei spostamenti quotidiani in bicicletta o meglio in metro, mezzo rapido, preciso.
Uso la mia utilitaria con pochissimi chilometri, solo nel momento in cui ho pensieri negativi forse perché sono talmente concentrato per fare una cosa che mi viene difficile, che dimentico il resto.
Ho ricordo di mia nonna quando guidava e mi sento come lei, la ricordo dritta, con le mani sul volante messe alle nove ed un quarto, e la testa esattamente incastrata tra la visiera parasole e il volante stesso.
Io sono così, inforco gli occhiali anche se ho una miopia di zero venticinque e solo da un occhio, il codice stradale non prevede per me l'obbligo lenti, metto il sedile a novanta gradi e quasi mai appoggio la schiena, prima di partire controllo la distanza con i pedali e regolo la seduta di conseguenza, provo tutte le luci e le spie, posiziono gli specchietti, insomma faccio tutte quelle manovre che sono obbligatorie per accontentare l'ingegnere all'esame di guida, ma totalmente inutili ora, dato che la mia macchina la porto solo io.

Vado senza meta, parto da Milano scappando negli orari dove il traffico ti da' un po' di tregua.
L'autostrada e'imboccata, mangiare il nastro d'asfalto mi rende invincibile, sto dominando un mio tallone d'Achille con estrema facilita', esorcizzo una mia paura affrontandola.
La pressione sale quando davanti a me transita un veicolo piu' lento, peggio ancora se e' un autoarticolato o un camion. Sono sempre combattuto se rallentare e mettermi dietro, o scalare le marce, mettere la freccia e provare ad andare.
In questi momenti odio me stesso, potevo stare a casa, sul divano a sfogare le mie magagne sui videogames o distrarmi con un film amato  e sicuramente già visto milioni di volte.
Finalmente niente davanti, asfalto, sole all'orizzonte, solo qualche folle che mi passa a sinistra a velocità multabile, la concentrazione non scende mai, non ho il tempo per pensare alle mie beghe personali: al lavoro che va a rilento, se veramente ha avuto senso traslocare nella grande metropoli, alla mia eterna fidanzata che probabilmente non diventerà mai mia moglie, al nostro rapporto che si interromperà di comune accordo dando la colpa alla distanza che ci divide e non al logorio e al poco entusiasmo di qualcosa portato avanti senza mai farsi una domanda.

Solo una piccola sosta, per andare in bagno, bere un caffè'  e mangiare uno snack dolce e mettere un po' di carburante.

Riprendo il percorso, il sole e' basso e' molto più semplice portare la macchina con questa luce, tengo sempre la velocità moderata e costante, più si accumulano i chilometri più mi rendo conto che i pensieri della quotidianità riescono a farsi spazio nella fuga.
Butto l'occhio sulla destra un cartello verde mi dice prossima uscita "Caianello", esco e rientro dall'autostrada e' ora di tornare.