martedì 16 dicembre 2014

Occupazione

Lunedi' mattina, Roma accompagna una distrutta Giorgia, il primo giorno della settimana e' il suo giorno nero, a scuola.
Quando escono e' praticamente ancora buio, e nonostante un autunno belga assolutamente clemente, a quell'ora il freddo e' pungente.
Giorgia con una specie di colbacco rosa, giubbotto praticamente ermetico, calzamaglia e stivale in pelle idro e gelo repellente, inforca il suo zaino, sale sul monopattino e di slancio lascia dietro la mamma, che dopo aver accompagnato a scuola la figlia prosegue per qualche centinaio di metri prima di rifugiarsi nel proprio ufficio.
L' inizio di questo rito io me lo godo dalla finestra di casa dopo aver incastrato Giorgia nello scafandro di lana e cotone e aver preparato una sufficiente colazione.
Quando sono ormai lontane, per prima cosa consulto il pc o il tablet, prima i giornali, al lunedì soprattutto siti di basket per vedere i risultati del week end, ovviamente la mail e poi facebook.
 

E proprio sul social del pischello yankee perennemente in t shirt che trovo la grande sorpresa, infatti solo dopo pochi minuti il bacio, l'abbraccio e il saluto alla mia piccola, la vedo in una foto condivisa dalla signora Halime, mamma di Eckrin, grande amica di Gio.

E' fiera, con un microfono in mano che aizza la folla, non ho particolari notizie sulla foto, ma già la vedo in questa giornata di sciopero generale belga, ergersi a rappresentante della sua comunità di mocciosi pronti alla lotta dura senza paura. Immagino pure che alle quindici e trenta orario in cui la vado a prendere, non dovrò caricarla sulla bici, ma ci sarà il tempo solo per un breve saluto, le consegnerò un po' di biancheria e lei inizierà l'occupazione.
Riguardo la foto e la vedo sotto il colbacco che tiene in testa per distinguersi dagli altri mentre la platea pende dalle sue labbra, la maestra accovacciata che le mantiene il microfono.
E' la chiara immagine del potere che si abbassa al popolo, la classe dirigente verso il normale individuo.
Vaneggio pensando a quelle magliette che gireranno nel duemilacento circa, con il volto della mia bimba, alla stella del calcio argentino di quel tempo che si tatuerà l'effige della rivoluzionaria italo lituana che ha ribaltato come una calza il Belgio e poi l'Europa interna.
Non stacco gli occhi dall'immagine e penso male, vedo la possibilità che la foto sia ritoccata per non dar modo di vedere la sterminata folla che sta seguendo il nuovo leader carismatico, l'inquadratura e' su di lei e solo la prima fila, ma e' sempre così per chi protesta, tra un po' verra' etichettata genericamente come antagonista.

E' quasi ora, pedalo verso la scuola, faccio un giro dell'isolato per vedere se ci sono già delle forze dell'ordine pronte in caso di disordini, non vedo barricate, non sento slogan, tutto sembra tranquillo e regolare.
Entro, Gio mi vede e come sempre mi corre incontro, dopo aver rispettosamente salutato la maestra.
Usciamo, quindi capisco che l'occupazione e' saltata, a casa le chiederò tutto, ma e' elementare che Giorgia ha dato fondo a tutte le sue capacita' diplomatiche, ha raggiunto un accordo favorevole a lei ed i suoi compagni.

Quando arriviamo a casa le faccio vedere la foto, pretendo una descrizione nei minimi particolari.
Mi racconta che quando e' arrivata nel grande salone di accoglienza della scuola Klimop, dei ragazzini stavano cantando Happy Birthday, dopo di che e' toccato ai turchi e al loro idioma, poi a lei e al suo compagno sardo/belga Carlo.
Insomma non era una protesta, anzi.
La classe dirigente in questo momento di scioperi a catena in Belgio ha voluto umiliare la base facendo una fantozziana assemblea dimostrativa per onorare la direttrice nel giorno del suo compleanno.
In più, stizzito, noto anche una sfumatura di razzismo e un uso smodato di luoghi comune: Giorgia, tu che sei italiana (spaghetti,pizza,mandolino) vieni a cantare!!

E' inevitabile valutare un cambio di scuola per il prossimo anno.

giovedì 11 dicembre 2014

Il pesce Rosco

A Kaisiadorys una piccola città' della Lituania situata esattamente a meta' strada tra la capitale politica Vilnius e quella economica Kaunas c'e' un piccolo lago che in estate offre refrigerio a frotte di bagnanti, alla faccia di chi pensa che in questa terra baltica ci sia un freddo perenne.
Ma dal mio punto di vista e' d'inverno che il lago offre il panorama migliore, quando e' completamente ghiacciato e i pescatori accovacciati su improbabili sgabelli prima bucano il pack con un attrezzo che e' una via di mezzo tra un enorme cavatappi e quelle leve che si usano per abbassare le tende parasole dei poggioli, poi infilano con perizia nel foro ottenuto la lenza, approfittando della riduzione dello spazio vitale e della carenza di mezzi di sostentamento dei pesci per catturarli.
Quando cammini sul lago, in una sorta di delirio di onnipotenza divina, nei punti più limpidi puoi vedere chiaramente i pesci nuotare in maniera nervosa sul fondo in cerca di cibo, va da se che appena vedono una preda facile quanto appetitosa si buttano senza riflettere agganciando così l'amo e subendo lo strappo deciso del pescatore.
Noto pero' un pesce che più o meno ripete lo stesso giro, e quando mi adagio sul ghiaccio per ammirare e fotografare il panorama e i rituali dei pescatori, lui rallenta e butta l'occhio, tutt'altro che lesso, verso di me. Curioso, lo seguo con lo sguardo, si ferma sul fondo per poi infilarsi in un vecchio buco ora non utilizzato e non ancora ricristallizzato.

- Hei, ma che pescatore sei? Con quell'enorme lenza nera e gialla fai poca strada, siamo affamati mica imbecilli.-

Di petto rispondo che con la macchina fotografica e la cinghia non ho nessuna intenzione di pescare, solo poi realizzo che sto ascoltando e rispondendo ad un pesce che peraltro non conosco, e mia mamma dai tempi delle elementari mi ha sempre detto di non dar filo agli sconosciuti e di non prendere le caramelle offerte da uno mai visto prima.

Resto incuriosito e lui mi incalza:

- e' un brutto periodo, le risorse sono pochissime, va molto meglio d'estate quando i bambini buttano piccole molliche di pane, ma anche dai vicini canneti riusciamo a procurarci qualcosa ripulendo le foglie che si immergono nell'acqua.
Ora non c'e' nulla da fare, ci si deve muovere poco per consumare meno, e in questo il ghiaccio che occupa tutto lo spazio ci aiuta, poi bisogna fare un po' gli avvoltoi prendendo quel poco che i nostri simili staccano dall'amo prima di finire agganciati fatalmente.
I giovani non lo capiscono, non si fermano mai, corrono per trovare qualcosa, ma corrono inutilmente perché i corridoi nei ghiacci sono sempre gli stessi, e quando sono allo stremo delle forze sperano in qualcosa di migliore sapendo di andare incontro a morte sicura.
Ancora tra di loro gira il falso mito di finire in qualche boccia di vetro o acquario dopo aver abboccato, forse e' solo una maniera per sperare ancora, anche se barattare cibo sicuro con la libertà mi sembra un affare sballato.-

Sbalordito, non faccio in tempo ad organizzare una frase, che lui attacca con un pistolotto sul fatto che noi umani usiamo la forma verbale "amo", cioè il verbo del sentimento puro per antonomasia, lo trasformiamo in sostantivo ed otteniamo un'arma per uccidere un'altro essere vivente.
Penso che in effetti e' così, ma insomma usando tutta la mia superficialita' penso che lui non e' nessuno per farmi sentire in colpa, non può eleggermi a rappresentante del male umano.
Io poi, che sono andato a pescare meno di dieci volte, io, che faccio parte di una famiglia di pescatori scarsi. Mio padre, uomo di grandi virtu', si offenderà certamente alla lettura di queste righe, ma l'onesta' del racconto non può venire meno. 

Mio padre e' un pescatore fallito e spesso falso, il peggio della sua anima esce sempre dopo patetiche puntate di pesca. Clamorose corse in pescheria all'alba a spendere fior di quattrini per non subire sottili ironie famigliari  all'ordine del giorno dopo notturne e umilianti battute di pesca. 
Ho il chiaro ricordo di importanti difficoltà di successo anche nei laghetti dell'allevamento trote in Valle d'Aosta dove i pesci quasi morenti di inedia saltavano nei prati per brucare, ma non abboccavano all'amo del signor Bassi senior.

Il pensiero del mio vecchio mi permette di prendere tempo, dopo la paternale dell'ormai amico pesce che pero' riprende il suo discorso:
- cosa ci fa un italiano qui? Tu assomigli ad un forestiero che ho visto quest'estate, ci ha disturbato per mezz'ora, con dei buffi tuffi che alzavano molta acqua, si buttava praticamente con la sua prosperosa pancia per poi portare le sue gambe corte al petto quando arrivava al pelo del lago e riemergendo diceva in maniera quasi meccanica in un idioma sconosciuto: goskizza'? K, z, accenti, credo si trattasse lingua afghana o tartara anche se le similitudini con la tua figura sono enormi. 

E' la prima volta che vieni qua? - Mento spudoratamente, non mi va di ammettere che effettivamente in quel lago a luglio ho tenuto in allenamento la "clanfa" tipico tuffo triestino che nobilita l'orgoglio maschile solo se dal balzo dalla terra ferma al lago si ottiene un'importante colonna d'acqua, e che goskizza' detto di botto col primo fiato dopo l'apnea non e' altro che "ho schizzato?" in dialetto alabardato.
Non credo di averlo convinto, ma lui non si fida molto della sua vista spesso ostacolata da molti metri di acqua sopra la testa e fortunatamente glissa e ricomincia.

-Alla fine non ho molti amici qui, mi guardano con sospetto e diffidenza, sono tra i più vecchi in assoluto e pensano che magari ho qualche risorsa nascosta da cui attingo senza dire nulla a nessuno ma io sono solo timido, magari burbero ma non egoista, semplicemente vivo in maniera diversa, cerco di vivere secondo le mie rinunce, questo non e' capito da tutti.
Quindi se ti va per due chiacchiere io sono qua. Mi chiamo Rosco. Pesce Rosco.-