martedì 22 settembre 2015

Quattro scatole

Ezechiele non dimentica le sue mani sporche di terra, la sua passione verso le piante, gli animali e quegli attrezzi di legno e ferro. Oltre a qualche passeggiata nei suoi pastini e qualche colloquio con i suoi dipendenti, anzi "gente che mi ha fatto diventare ricco" come dice lui, non ha piu' contatto da molti anni con quella campagna che e' stata sua fraterna alleata di giochi da bimbo, alcova dei primi amori adolescenziali, lavoro duro e soddisfazione poi.

Prima piccole vendite a vicini di casa, amici e gitanti, poi rifornimento a supermercati, prestigiosi ristoranti, fino a diventare un leader della sua zona nelle coltivazioni di ortaggi ed un'elitaria produzione di vino.

Lo sviluppo turistico e quasi industriale e' merito di Edi, figlio di Ezechiele e padre di Elia, la E denominatore comune di una diversa idea di terra e campagna. Edi laureato in economia non ha mai toccato una vite e una vanga, non ha mai indossato una scarpa diversa dal mocassino, ma il difetto che piu' spiace al padre Ezechiele e' la mancanza di rapporti con le persone che per quella azienda hanno versato il sudore, dipendenti si, ma prima compaesani e amici.

Ezechiele ripone nel nipote Elia le speranze per bilanciare la terra e il business ora che lui ha deciso di ritirarsi.
Le consegne le passera' lui, regole precise che non potranno essere fraintese, competenze di sviluppo industriale per Edi, contatto con la terra e con il personale per Elia che dovra' forzatamente garantire la sua presenza in quella che ancora adesso e' chiamata semplicemente fattoria.

Elia non chiede altro, lui e' formato dalla facolta' di agraria e da tutto quello che il nonno gli ha insegnato, e' un personaggio semplice che ha fatto rifiatare le manovalanze che vedevano un pericolo in Edi, i classici, villani e superficiali passaparola giravano gia' per l'azienda: "chiudera'"o "vendera tutto" oppure "ci sostituira' con i robot".

Edi e' in giro per la maggiori fiere del mondo, frequenta i salotti buoni, mentre Elia sottobraccio del nonno gira la fattoria, parla con tutti, ascolta le proposte. Il nonno ha gli occhi lucidi per l'emozione, le idee di rinnovamento dei locali evidenziano l'entusiasmo del nipote ma anche lo soddisfa della sua scelta, l'ultima in quella azienda da lui fondata.

Come ideale eredita' Ezechiele consegna ad Elia le chiavi del suo ufficio, un bel tavolo in radica scura una poltrona in pelle nera abbinata ad un divanetto posto vicino alla finestra.
Con un po' d'imbarazzo Edi chiede il permesso per poter fare qualche cambiamento, pensando a qualche diavoleria elettronica moderna, ovviamente il nonno autorizza senza veti. Solo quando gli viene chiesto di poter svuotare o spostare le vecchie scatole sopra l'armadio, il vecchio boss si blocca e balbetta: Potrai toccarle, solo al momento giusto, ti aggiornero'.

Dopo qualche mese di lavori di ammodernamento, prossimi al Natale, Elia decide di aggiornarsi col nonno su quella famose scatole, Skype e' magico: collega l'ufficio dell'entroterra al sole costante delle Canarie, dove il nonno ha deciso di svernare. Elia vede gli stessi occhi stupefatti e preoccupati della prima volta in cui ha parlato col nonno a proposito delle scatole, ora il vecchio prende un tempo preciso: "Per questa cosa ci sentiamo tra tre quattro mesi, anzi fissiamo una data il trentuno marzo".

Elia ha voglia di cambiare i colori e le luci di quell'ufficio e di tutte le zone chiuse del lavoro suo e dei suoi collaboratori, ma ha grande rispetto per il nonno e continua a mantenere in alto degli scaffali quelle scatole simili a bauli costantemente impolverati non si fa troppe domande ma una certa curiosita' nell'aspettare quella data fissata del nonno c'e'.

Il trentuno di marzo arriva ma del nonno nessuna traccia, non chiama e non risponde, i suoi orari migliori per mettersi in contatto sono sempre a cavallo del pranzo anche da capo dell'azienda fissava le sue riunioni in quegli orari e magari metteva a disposizione di tutti una buona bottiglia di vino e dei salumi genuini.
Il personale dell'azienda, contadini veri, sono gia' a letto quando lo smartphone di Elia squilla e' un messaggio del nonno: da te e' mezzanotte, aprile.

giovedì 10 settembre 2015

Souvenir

Ettore e' un ragazzo intelligente, ma taciturno, timido e solitario. 
Passa le sue giornate al computer, nella sua stanza da eterno teen ager, la sua unica 
distrazione dallo schermo e' la finestra che da' sul cortile interno.
 

E' da li' che ha provato per la prima volta il piacere della carne.
 

Maria, donna matura con curve morbide e provocanti e' la sua dirimpettaia, non fa nulla  per difendere la sua privacy, non tira la tenda, non usa vestaglie.
Lei fa finta di non vedere Ettore, gli regala oltre all'emozione delle forme anche quel poco di mistero e l'eccitazione di un panorama rubato.
 

Fino a quel martedi', quando lei con uno scatto pensato e calcolato, gira la testa ed incrocia il suo onirico sguardo. Attimo di panico per il ragazzo, e dopo essersi abbassato sotto il davanzale, prova a fare capolino, e nota una collaborazione negli occhi di Maria.
L'esperta matrona, con un veloce dondolio del collo lo invita, ma ad Ettore serve il gesto plateale seguente per capire, una roteazione delle braccia troppo evidente, quasi volgare.
Ettore suda, copiosamente, tenta di tamponare con l'asciugamano, si lava il viso, si bagna i polsi. Appena si tranquillizza fa una veloce doccia, si cura un po', esce di casa, attraversa il pianerottolo e suona il campanello della porta di fronte alla sua.

Quando torna nella sua stanza e' un altro uomo, fuma la sua prima sigaretta, con l'arroganza del grande play boy dei film, si stende sul letto con le gambe incrociate, guarda il soffitto e mantiene un sorriso ebete, gira la testa verso la cassettiera per ammirare quel vaso che ha chiesto a Maria di poter portare a casa come ricordo di quella giornata che lui ricordera' per tutta la vita.

Il vaso di porcellona.

lunedì 7 settembre 2015

In poche righe


Renzi sara' il governo dei fatti.
Lapo all'economia.

Basta con le tue bugie, Franca, me ne frego.
Franca mente me ne infischio.

Pistorius arriva in tribunale e vomita.
Troppo basculanti.

USA, Francia e GB boicottano la cerimonia delle Paraolimpiadi di Sochi.
Manifestazione zoppa.

Renzi ai bambini di Siracusa: facebook non vale un abbraccio.
Se vi piace condividetela.

Renzi contestato da Liga Veneta, forconi e Forza Nuova.
Le provano tutte per renderlo simpatico.

Dichiarazione perentoria di Renzi: Fare!
Che culo, a me capitava sempre lettera o testamento.

Renzi ha incontrato Berlusconi sotto la foto del Che.
"Pensavo fosse Gattuso".

Dopo l'incontro con Barbara Berlusconi, il nuovo mister Seedorf ha dichiarato:
"C'e' tanto da fare".

Domani Schettino a due anni dalla tragedia tornera' a bordo:
meglio tardi che mai, cazzo.

Putin: a Sochi vengano pure i gay, ma lascino stare i bambini.
Devo darli alla vecchia guardia.

E' morto Andreotti.
Satana vicepresidente.

A cento anni e' morto Priebke.
Boia ci molla.

Poste italiane interessate ad Alitalia.
Chi meglio per gestire un pacco.

La storia ci insegna che Napoleone aveva pessimi rapporti in famiglia.
Non proprio con tutti ma Bonaparte.

Cristoforetti sbarca.
Salvini: torni a casa sua.

Alle Olimpiadi della frutta,
la mela marcia.

Sbaliando s'inpara.

Il mio amico Achille Merdina ha deciso finalmente di cambiare nome.
Gino e' molto meglio.

Ci sono persone cosi' carnivore e in difesa degli ortaggi che quando tagliano una cipolla, piangono.

Auguri a Stevie Wonder per i suoi sessantacinque anni.
Due ore per spegnere le candeline.

Sono sicuro che il deserto del Sahara e' in Africa.
Su questo non ci piove.

Voglio fare un viaggio in Abruzzo.
Ok, andiamo.
Chieti e ti sara' dato.

Andrea Bocelli e' un artista e un professionista esemplare, un entusiasmo pazzesco che lo porta addirittura ad iniziare i concerti in largo anticipo.
Non vede l'ora.

In Amazzonia esiste una tribu' di cannibali generazionali. Praticamente l'anziano si sacrifica e i giovani si sfamano divorandolo completamente. Sono nonnivori.

L'italiano vince la gara di nuoto dopo che il cinese non si e' presentato in vasca.
E' giallo.

E' morto Satoru Iwata padre di tanti videogiochi.
Game Over.









venerdì 4 settembre 2015

Continua

Da questo piccolo buco in provincia non esco mai, ho perso parecchi chili, sono provato.
Domani e' l'anniversario: sei mesi di fuga con la sensazione di essere braccato da un momento all'altro.
Solo qui, in questi venti metri quadrati mi sono sentito protetto, sono riuscito addirittura a dormire un paio di notti complete.
Quella sensazione di qualcuno che mi spia, mi controlla, mi cura sta pero' iniziando nuovamente. Un nuovo spostamento e' d'obbligo.

Prendo le mie cose e come sempre scelgo la strada principale, mi confondo tra la gente, per poi velocizzare il passo nei viottoli traversi.
I soldi scarseggiano, talvolta salgo sul bus a scrocco ma faccio solo una o due fermate per confondere le idee a potenziali inseguitori; lo stesso con il treno, resto sul piccolo pianerottolo d'entrata e scendo al primo stop, spesso senza neanche cambiare città.

Con il sole delle buone alternative sono i parchi, una volta ho fatto tre giorni in una casetta sull'albero, con la pioggia invece i centri commerciali con i cinema multisala e lo stesso film per due o tre volte.
Sono più sereno quando capito in paesi turistici, la confusione mi da' fiducia.
 

In questo casino pero' mi sono ficcato proprio in una stazione turistica, dal niente mi sono sentito finito.
Due uomini vestiti come i gorilla dei nostri politici si mettono davanti a me per rallentare il mio passo dopo pochissimo altri due immediatamente dietro mi consigliano di salire sul monovolume scuro immediatamente dietro all'angolo.
Vengo spinto, poi ammanettato e bendato, qualche sberla ma tutto sommato pensavo peggio.
Mi sembra passata una vita, ma il nostro percorso e' durato si e no un paio d'ore. Uscendo dalla macchina sento una sensazione di freddo, l'aria fresca e profumata mi ricorda le mie estati presso le colonie di montagna della parrocchia, probabilmente siamo saliti di quota.
Resto incappucciato e ammanettato, mi legano ulteriormente dopo avermi messo una sedia sotto il culo.
La cosa più agghiacciante e' il silenzio, dal casino dei turisti al silenzio del monovolume e di questo posto.

Poi assieme al freddo metallico di un ferro appoggiato al collo qualcuno con voce roca mi chiede: ultimo desiderio?

Ricominciare da capo.



Da questo piccolo buco in provincia non esco mai, ho perso parecchi chili, sono provato.
Domani e' l'anniversario: sei mesi di fuga con la sensazione di essere braccato da un momento all'altro.
Solo qui, in questi venti metri quadrati mi sono sentito protetto, sono riuscito addirittura a dormire un paio di notti complete.
Quella sensazione di qualcuno che mi spia, mi controlla, mi cura sta pero' iniziando nuovamente. Un nuovo spostamento e' d'obbligo.

Prendo le mie cose e come sempre scelgo la strada principale, mi confondo tra la gente, per poi velocizzare il passo nei viottoli traversi.
I soldi scarseggiano, talvolta salgo sul bus a scrocco ma faccio solo una o due fermate per confondere le idee a potenziali inseguitori; lo stesso con il treno, resto sul piccolo pianerottolo d'entrata e scendo al primo stop, spesso senza neanche cambiare città.

Con il sole delle buone alternative sono i parchi, una volta ho fatto tre giorni in una casetta sull'albero, con la pioggia invece i centri commerciali con i cinema multisala e lo stesso film per due o tre volte.
Sono più sereno quando capito in paesi turistici, la confusione mi da' fiducia.
 

In questo casino pero' mi sono ficcato proprio in una stazione turistica, dal niente mi sono sentito finito.
Due uomini vestiti come i gorilla dei nostri politici si mettono davanti a me per rallentare il mio passo dopo pochissimo altri due immediatamente dietro mi consigliano di salire sul monovolume scuro immediatamente dietro all'angolo.
Vengo spinto, poi ammanettato e bendato, qualche sberla ma tutto sommato pensavo peggio.
Mi sembra passata una vita, ma il nostro percorso e' durato si e no un paio d'ore. Uscendo dalla macchina sento una sensazione di freddo, l'aria fresca e profumata mi ricorda le mie estati presso le colonie di montagna della parrocchia, probabilmente siamo saliti di quota.
Resto incappucciato e ammanettato, mi legano ulteriormente dopo avermi messo una sedia sotto il culo.
La cosa più agghiacciante e' il silenzio, dal casino dei turisti al silenzio del monovolume e di questo posto.

Poi assieme al freddo metallico di un ferro appoggiato al collo qualcuno con voce roca mi chiede: ultimo desiderio?

Ricominciare da capo.

(CONTINUA)

martedì 1 settembre 2015

Primo settembre

Non molto tempo fa, non ricordo dove, ho letto che un bravo blogger deve tenere aggiornato giornalmente il suo spazio. Niente di piu' vero.
Io che sono un cazzaro professionista mi adeguo invece al mio consueto procrastinare, incolpo il funzionamento a singhiozzo del mio maltrattato e vecchio computer, mi affido al personale odio viscerale verso la tastiera touch screen del tablet o cosa ben piu' meschina mi giustifico tirando in ballo le vacanze estive di mia figlia, quindi al suo bisogno di avere vicino una guida e un compagno di giochi.
Alla fine mi sono goduto una discreta estate fiamminga, due belle gite in Italia, senza appoggiare gli occhi sullo schermo se non per qualche aggiornamento dei social network e le varie letture di giornali e siti cestistici.

Ma ora, e il meteo di Gent ce lo ricorda con un triste grigio, l'estate sta finendo (cit. Righeira) e un classico di questo periodo e' il ritorno a scuola.

Come genitore sono al mio terzo primo giorno di scuola e stamattina si vedeva tutta l'esperienza, l'entusiasmo controllato, il controllo della situazione.
Ore sette sveglia, sette e due minuti io in piedi, sette e dodici mia moglie in piedi, quasi sette e venticinque la bimba stile zombie si adagia da letto a divano come un acaro, flebo di succo di frutta e cereali, preparazione dello zainetto senza dover consultare le indicazioni della maestra, vestito dell'occasione per l'alunna, un paio di pedalate e ci siamo.

Il cortile della scuola e' pieno di matricole, zaini scintillanti, genitori emozionati, bambini con negli occhi la sorpresa e una bella tensione, io e la piccola italo-lituano-belga dimenticando i lucciconi di due anni fa facciamo gli sgamati e ci ritiriamo su una panchina laterale con la spocchia di chi sa gia' quelo che sta per succedere. Ecco la campanella, tutti corrono verso il portone, noi no: ci alziamo con calma saltiamo la fila di quelli che chiedono informazioni sui corridoi da seguire per arrivare alla classe, guardando la coda quasi con sdegno.
Arriviamo in aula quasi per primi e l'esperta scolara si organizza come e' abituata: cambio scarpe e consapevole utilizzo dei vari angoli della classe, i colleghi nuovi arrivati rubano con l'occhio ma non la emulano, sono ancora mano nella mano con il papa' o la mamma.
Io la controllo con distacco, la mamma la saluta e ci allontaniamo; solo perche' e' una cosa che si deve fare ci accompagna alla porta e si abbandona ad un abbraccio con relativo bacio, per poi girarsi e tornare ai suoi affari.

Guadagnando l'uscita comprendo di essere rientrato nel solito tran-tran: varie miss tra maestre e mamme, la piccola Istambul femminile che si ritrova, il papa' peace and love, quello simile a zio Jesse Duke e quello a Nosferatu il principe delle tenebre, i ritardatari, i sorridenti pensionati Frank e moglie che a scuola fanno volontariato e sulla soglia prima di uscire la seria, rigida ed austera direttrice che stringe la mano a tutti i genitori in uscita accompagnando un severo: dag!, la strada di casa, il blog.