mercoledì 16 marzo 2016

Vado in città!

Ieri sono venuto a sapere da un amico che vive in Italia che a Bruxelles c'è stata un' operazione della polizia belga coadiuvata da quella francese con l'obiettivo di arrestare alcuni terroristi probabilmente coinvolti nei vili atti parigini dello scorso novembre.
L'amico mi ha chiamato chiedendo se qui a Gent è tutto regolare.
Fa piacere sapere che qualcuno ti pensa, fortunatamente ho potuto tranquillizzarlo, il quartiere di Bruxelles interessato, Forest, e' al sud della capitale belga e dista sessanta chilometri da dove vivo io.
Qualcuno penserà che i sessanta chilometri sono un'inezia, anche il mio amico la pensa così altrimenti probabilmente non si sarebbe preoccupato, ma io sono di Trieste, e per qualsiasi triestino quella distanza è assolutamente di sicurezza, un viaggio da preparare con cura.
Trieste dista sessanta chilometri da Manzinello, ma non troverete una sola persona che passeggia per piazza Unità che conosce questa località.
Un triestino fa sessanta chilometri per andare in vacanza a Grado, ridente località termale e marina celebre per i fanghi con cui si curava Roberto Baggio oppure può decidere di fare una follia e preparare con scrupolo una gita in giornata andando alle grotte di Postumja in Yugoslavia, anzi Yugo; a Trieste siamo pacifisti e ce ne sbattiamo altamente (in dialetto "gnanche pel cul") della guerra, della Slovenia, della Croazia, delle Serbia, della Bosnia, del Montenegro  e della Macedonia, resterà sempre Yugo, luogo ideale per comprare sigarette e fare benzina.
D'altronde se tu abiti a Borgo San Sergio, quartiere periferico a massimo quindici minuti di bus, e decidi di andare a comprarti un paio di scarpe in centro, fai capire di essere prossimo ad un percorso impegnativo dicendo: vado in città, ci vediamo dopo.
Oppure se vivi a Muggia, pittoresco comune diviso da Trieste da Rio Ospo, un rigagnolo che un cane può replicare in qualsiasi angolo della città dirai solennemente: vado a Trieste!
Per molti anni io ho sguazzato nel mondo del basket, prima da modesto giocatore di settore giovanile poi come allenatore ed istruttore.
Posso assicurare che le trasferte non superano i dieci minuti di scooter. Una partita tra Libertas e Bor, società storiche triestine, si può svolgere sul lato destro del marciapiede se in casa gioca il Bor su quello sinistro se gioca in casa la Libertas.
Il Sokol Aurisina e le squadre di Muggia sono quelle più detestate ma non per una particolare antipatia o per una loro tradizione vincente ma perché ti costringono ad un'importante gita fuori sede. 
Quando ti consegnano il calendario delle gare la prima cosa che guardi non è: quando incrocio quelli forti? Ma quando devo andare ad Aurisina? Prendi un pennarello rosso e il calendario e cerchi quel maledetto giorno.
Insomma sessanta chilometri sono per un triestino qualcosa che ti fa sembrare tutto molto lontano, estraneo al tuo quotidiano, la distanza per noi è molto diversa dal milanese per esempio che vive normalmente la pendolarita'.
Per noi distanza è viaggio. Un amico l'altro giorno mi ha chiamato verso le sette di sera e mi ha chiesto che ora è da me, ho spiegato che siamo ad un'ora di aereo quindi non cambia nulla, la risposta è stata: cacchio, un ora di volo...
Comunque a Gent tutto tranquillo, siamo ad oltre sessanta chilometri da Forest, Bruxelles.

mercoledì 9 marzo 2016

Mutamenti

Tutto è iniziato con quella visita di routine dal medico, erano ormai dieci giorni che vedevo la mia pelle squamarsi, diventare dura e ruvida e in qualche parte la normale peluria diventare ispida, nessuna crema mi ha aiutato, e anche il dottore e' sembrato titubante, ho fatto tutti gli esami possibili.
Nell'attesa del risultato, mille test non invasivi, ma niente: il mio stato di salute perfetto, nessun fastidio, nessuna febbre, nessun dolore.
Solo dopo un attenta analisi di un luminare svedese in contatto col mio medico e specialista in malattie rare, con nozioni di veterinaria, il definitivo responso: soffro di grufalite, ossia un progressivo, lento, e non si sa quanto completo passaggio del mio essere uomo al nuovo stato di maiale.
Il terzo caso al mondo, il primo negli anni trenta fini' dentro un circo itinerante e si umiliava davanti alle famiglie con le sue orecchie e la sua coda, punti finali della sua forma leggera della malattia. 
Ritiratosi dalle scene mori' in solitudine in una fattoria della campagna polacca, e il chiacchiericcio dei vicini su quello strano personaggio sempre chiuso in casa era vario, chi diceva che era grasso e rosa con il classico naso da porco, chi invece affermava che si potevano notare solo le famose orecchie e la coda che lo hanno aiutato a monetizzare al circo.
L'altro è ancora vivo, in una porcilaia in Australia.
Come si può capire dalla sua casa la forma di grufalite è acuta, da un paio d'anni ormai gli unici dati possibili sono quelli, del sangue, saliva, magari qualche atteggiamento ma nessuna testimonianza diretta. Non comunica più, anche se qualche cervellone studia alcuni movimenti del muso per cercare una forma di dialogo più completa.
Personalmente non sento particolari sintomi o disfunzioni, talvolta nei giorni di pioggia sento un istinto che mi dice di tuffarmi nelle pozzanghere e rotolarmi nel fango, ma credo sia più una mia suggestione, quando ero inconsapevole della malattia questo istinto non si manifestava. O magari è vero che superati i quarant'anni si torna un po' bambini e riemergono quei piccoli strappi alla regola, quelle disubbidienze, la voglia di proibito e probabilmente la grufalite non c'entra nulla.

Ammetto di non rispondere ai messaggi dell'amico Odo, cerco di evitarlo.
Lui è il re del barbecue, e' quello che ti scrive solo: salsiccia, birra e rutto libero?
Non mangio carne di maiale dal giorno della diagnosi, non ho particolari sensazioni e il medico mi dice che non ci sono controindicazioni, ma non mi sembra eticamente corretto poi ho sempre paura di trovarmi in piatto l'australiano.

Non ho detto nulla della malattia a nessuno, mia mamma impazzirebbe, già ora mi telefona due/tre volte al giorno per informarsi sul mio eritema che secondo lei diventerà sicuramente fuoco di Sant'Antonio. Io le ho assicurato che è solo una reazione allergica alle fragole. Ho mangiato fragole due volte, pochi anni fa, da piccolo mi diceva che mio padre era allergico e quindi geneticamente potrei essere predisposto, quindi vietate. 
Però la mossa ha dato i suoi frutti, infatti ora per lei è tutto chiaro, l'eritema da fragola è tutta colpa mia: quante volte ti ho detto di non mangiare le fragole?

Frequento una mia ex collega, eravamo giovani, io neo assunto lei stagista e brillante studentessa, dopo la laurea e' andata a lavorare in un'altra azienda e ci siamo incontrati in una famosa fiera di settore, due chiacchiere, tanti ricordi, qualche risata, mille domande e alla fine il mio invito a cena. Accettato.
Anche a lei tengo nascosta la mia possibile parziale o totale mutazione, non ha personali opinioni sulla mia orticaria, mi chiede l'esito delle visite, ascolta e fa domande, per non tradirmi cerco di dare meno informazioni possibili, faccio il vago, minimizzo.

Ieri mi ha invitato da lei, appena uscito dall'ascensore ho visto la porta dell'appartamento socchiusa, già dal corridoio si notava la penombra e si sentiva una  musica soft messa per creare atmosfera. Per la penombra bisogna ringraziare quella decina di candele messe scientificamente attorno al divano, per la musica uno di quei grandi vecchi stereo portatili e un cd probabilmente masterizzato. 
Si è presentata elegantissima con un vestitino nero a tubino che sembrava pennellato al suo corpo, fresca di messa in piega e make up, a piedi scalzi perché sa che al contrario di tanti uomini detesto i tacchi a spillo, in mano una bottiglia di champagne e due flutes.
Ci accomodiamo sul divano, facciamo un brindisi, dopo aver appoggiato i bicchieri ci baciamo, l'atmosfera si scalda ma appena le mie mani si muovono sul suo corpo sento il brusio di un proiettore e sul grande muro di fronte a me una scritta: mi vuoi sposare?
Mi blocco con una mano sul suo seno, lei sorride e guardandomi negli occhi pronuncia le uniche parole che non volevo sentire: allora? Cosa ne dici?
Trenta secondi di silenzio che sembrano tre ore, sono un tempo sufficiente per far cambiare la sua espressione, abbassa gli occhi verso la mia mano ancora ferma sullo stesso posto, la toglie, mi spinge e urla: porco! Maiale! Stai con me solo per quello.
Corro in bagno, controllo il mio viso, il mio eritema, tutto ok. 
Esco per l'ultima volta da quell'appartamento.