martedì 24 giugno 2014
LA POSTA DI LELEBLOG
Sono molto soddisfatto di questi primi mesi di Leleblog, ho coinvolto qualche amico, credo di aver espresso qualche mio pensiero, ho inventato qualche storia e aggiornato degli amici lontani sulla mia quotidianita'.
Ho ricevuto un sacco di indicazioni e commenti nonostante intenda ancora lo spazio che aggiorno come qualcosa di personale e lo diffonda solo tramite facebook.
Per festeggiare il prossimo traguardo dei cento post, nonostante una brusca frenata delle ultime settimane dovuta a qualche intoppo del mio supporto informatico (Piero de Muja docet) ho deciso con molta ambizione e quasi presunzione di aprire la rubrica della posta.
D'altronde l'ambizione dei quarantenni va molto di moda in questo periodo.
Postero' le domande e qualora non conosca una risposta attendibile coinvolgero' qualche amico.
Alla prossima,
Lele
Mi chiamo Giuditta ho trentacinque anni e in questo momento sono a casa con mia figlia nata da poco.
Tra un po' dovro' tornare al lavoro e mi chiedevo se puoi dirmi (consultando magari un utente del tuo blog) come si fa a coniugare l'essere mamma e l'essere donna in carriera. Grazie.
Cara Giuditta, provero' magari a chiedere a qualche amica ma mi sento in grado di darti una risposta plausibile:
Io sono mamma
Tu sei mamma
Ella e' mamma
Noi siamo mamme
Voi siete mamme
Esse sono mamme
Io sono una donna in carriera
Tu sei una donna in carriera
Ella e' una donna in carriera
Noi siamo donne in carriera
Voi siete donne in carriera
Esse sono donne in carriera
Caro Lele,
sono Cesare Antonio, e vorrei fare le prossime vacanze estive in qualche isola del Mediterraneo. Non ho particolari esigenze, ma vorrei godere della natura, una vacanza senza stress, traffico e grandi edifici.
Una settimana allo stato brado, tra alberi, spiagge e mare.
Grazie per il consiglio.
C.A.
Caro CA,
non so darti un consiglio preciso, ma per le tue esigenze non prenderei in considerazione Malta, troppo cementificata.
Ciao Lele, ho visto sul tuo blog degli articoli economici e volevo proporti questo inciso preso dal Sole 24 Ore:
Il 20% dell'enorme debito pubblico del Giappone (230% del Pil, il terzo Pil del pianeta da circa 6mila miliardi di dollari è nelle mani della Bank of Japan. A renderlo noto è la stessa BoJ in un comunicato. Cosa significa? Semplicemente che l'istituto centrale che guida la politica monetaria dalle parti di Tokyo negli ultimi due anni ha stampato molta moneta (al ritmo di 1.000 miliardi di dollari) l'anno e ora detiene circa 2mila miliardi di dollari del debito giapponese. Già, stampare moneta. Ma cosa significa? Davvero è possibile caricare banconote su un elicottero e distribuirle al popolo (metafora che riprende l'immagine usata dal premio Nobel Milton Friedman per descrivere un aumento dell'offerta di moneta che piove dal cielo)?
Sai dirmi cosa significa?
No!
venerdì 20 giugno 2014
Stagnazione
Da quasi dieci anni qualsiasi organo d'informazione pubblica sulla propria copertina o prima pagina notizie sulla crisi, analisi della crisi, antidoti su come uscire dalla crisi consigliati da professori e tecnici.
Persino questo patetico blog che quasi sempre cerca di raccontare storie futili, si e' occupato (grazie allo specialista coach K) del fenomeno crisi.
L'altro giorno pero' proprio ad un telegiornale ho sentito che si puo' parlare di una nuova situazione interna alla famigerata crisi, infatti il fatto che i consumi degli ultimi tempi non sono in segno negativo ma su valori prossimi allo zero fa si che possiamo dire di essere in un momento di stagnazione.
Non ho capacita' e tantomeno conoscenze per considerare questo cambio di rotta in economia, ma a me piace valutare le parole e devo dire che stagnazione mi fa piu' paura di crisi.
Faccio un esempio pratico, quante volte dopo una sconfitta della vostra squadra del cuore avete sentito l'allenatore parlare di un momento difficile ma passeggero, di una crisi momentanea.
La stagnazione invece a me da la sensazione di qualcosa di vecchio, stantio, sigillato, immobile.
Stagnazione, chiaramente da stagno, e quindi la mamma della carta alluminio, appunto la carta stagnola che aveva il compito di sigillare gli alimenti e cercava di mantenerli per piu' tempo possibile, di rallentare uno spiacevole ma naturale deperimento.
Oppure penso alla mia esperienza personale, quando cioe' mio padre ha ricevuto in regalo delle bottiglie di grappa da invecchiare e assieme le abbiamo "stagnate" sciogliendo con l'accendino la barretta di ceralacca e impresso sopra le nostre iniziali come marchio di fabbrica.
Credo che quelle bottiglie perfettamente sigillate e impolverate siano ancora nello sgabuzzino, e ormai siamo vicino ai trent'anni, insomma non sono state dimenticate ma quasi.
Anche la natura non ci aiuta, infatti l'unico stagno che conosco, inteso come piccolo specchio d'acqua, e' dalle mie parti, a Banne vicino a Fernetti, il valico con la Slovenia piu' grande e conosciuto del Carso triestino.
Lo stagno e' un posto che per antonomasia e' fangoso, fermo, spesso abbandonato o trascurato dove le uniche attivita' sono i voli di enormi zanzare o qualche salto di poche rane.
Neanche il nome originale in sloveno non ci viene incontro: Stari Kal ossia Vecchio Stagno, appunto.
Insomma la crisi viene e prima e dopo va, la stagnazione resiste, e' praticamente perenne.
Auguri.
Persino questo patetico blog che quasi sempre cerca di raccontare storie futili, si e' occupato (grazie allo specialista coach K) del fenomeno crisi.
L'altro giorno pero' proprio ad un telegiornale ho sentito che si puo' parlare di una nuova situazione interna alla famigerata crisi, infatti il fatto che i consumi degli ultimi tempi non sono in segno negativo ma su valori prossimi allo zero fa si che possiamo dire di essere in un momento di stagnazione.
Non ho capacita' e tantomeno conoscenze per considerare questo cambio di rotta in economia, ma a me piace valutare le parole e devo dire che stagnazione mi fa piu' paura di crisi.
Faccio un esempio pratico, quante volte dopo una sconfitta della vostra squadra del cuore avete sentito l'allenatore parlare di un momento difficile ma passeggero, di una crisi momentanea.
La stagnazione invece a me da la sensazione di qualcosa di vecchio, stantio, sigillato, immobile.
Stagnazione, chiaramente da stagno, e quindi la mamma della carta alluminio, appunto la carta stagnola che aveva il compito di sigillare gli alimenti e cercava di mantenerli per piu' tempo possibile, di rallentare uno spiacevole ma naturale deperimento.
Oppure penso alla mia esperienza personale, quando cioe' mio padre ha ricevuto in regalo delle bottiglie di grappa da invecchiare e assieme le abbiamo "stagnate" sciogliendo con l'accendino la barretta di ceralacca e impresso sopra le nostre iniziali come marchio di fabbrica.
Credo che quelle bottiglie perfettamente sigillate e impolverate siano ancora nello sgabuzzino, e ormai siamo vicino ai trent'anni, insomma non sono state dimenticate ma quasi.
Anche la natura non ci aiuta, infatti l'unico stagno che conosco, inteso come piccolo specchio d'acqua, e' dalle mie parti, a Banne vicino a Fernetti, il valico con la Slovenia piu' grande e conosciuto del Carso triestino.
Lo stagno e' un posto che per antonomasia e' fangoso, fermo, spesso abbandonato o trascurato dove le uniche attivita' sono i voli di enormi zanzare o qualche salto di poche rane.
Neanche il nome originale in sloveno non ci viene incontro: Stari Kal ossia Vecchio Stagno, appunto.
Insomma la crisi viene e prima e dopo va, la stagnazione resiste, e' praticamente perenne.
Auguri.
giovedì 12 giugno 2014
Weekly Pillows
Il nostro economista Coach K si prende una pausa dalle alchimie tecnico-tattiche del basket estivo e si dedica al suo lavoro, ecco il ritorno della rubrica WP, l'angolo economico.
Da Coppi alla Merkel
Settimana positiva per le piazze
europee con Milano in gran spolvero (+3%). Non poteva essere diversamente dopo
l’annuncio storico (giovedì 5 giugno) del presidente della BCE: Mario Draghi.
Chi segue i mercati ha osservato,
prima delle parole del governatore, un indice italiano sonnacchioso, prudente,
quasi sfinente, che poi, nel giro di mezz’ora, è sprintato e ha rivisto le
vette raggiunte nel 2010… si è assistito a qualcosa di storico simile, per
certi versi, al passaggio di borraccia tra Coppi e Bartali.
Si, perché il professor Mario
stavolta ha sparato col calibro pesante (lasciando, per ora, da parte il
bazooka): le sue misure sono state prese all’unanimità, ossia anche la Germania
ha deciso di dire sì all’inflazione (di passare la borraccia). Quattro misure
che, combinate assieme, formano un perfetto cocktail esplosivo:
1. Il taglio dei tassi
d’interesse: il tasso di rifinanziamento passa dallo 0.25 allo 0.15%; ed il
tasso sui depositi overnight (quelli che durano una sola notte) subisce lo
stesso taglio, diventando negativo (-0.10): ossia le banche dovranno pagare per
lasciar parcheggiati fondi presso la Bce. Questa seconda misura dovrebbe
“invitare” le aziende di credito a mettere in circolazione denaro ed abbassare
l’euro.
2. Liquidità : vengono concessi
Tltro (Targeted long term refinancing operation) per riattivare il credito
(ancora in calo). Le banche potranno chiedere liquidità alla BCE a condizioni
molto vantaggiose a patto che tali risorse vengano “trasmesse” al settore
privato, imprese e famiglie. Sono esclusi i mutui per la casa, per evitare
bolle immobiliari come successo in Inghilterra.
3. Titoli cartolarizzati: la BCE
si impegna ad acquistare detti titoli (Abs, asset backed securities) per
favorire il “credit easing”, ossia la facilitazione del credito. Si tratta di
titoli emessi dalle banche per finanziare imprese e poi acquistati dalla BCE
(prima, senza l’intervento della Banca centrale, tale mercato era poco
trasparente e ristretto).
4. Stop alla sterilizzazione: le banche non saranno
più costrette (fino al 2016) ad approvvigionarsi di liquidità tramite aste a
tasso fisso, ma potranno ottenere tutta la liquidità che richiedono.
In realtà la vera sorpresa è stata la mossa che Draghi
non ha fatto (il famoso bazooka), ovvero il Quantitative Easing (alleggerimento
quantitativo).
Misura presa in Giappone già 13 anni
orsono, quando nel 2001 la Boj (Bank fo Japan) per combattere la deflazione
(oltre ai tassi zero, in vigore dal 1999), inondò di liquidità il sistema
finanziario - per cercare di far in modo che le banche erogassero maggiori
prestiti - acquistando bond (titoli) pubblici al di là del dovuto. Dal 2010
inoltre la Boj, grazie a Shinzo Abe, decise di acquistare anche obbligazioni
pubbliche con l’obiettivo dichiarato di portare l’inflazione al 2%. La banca
centrale in tal modo non parla più di tassi ma prende come riferimento la base
monetaria (cercando di raddoppiarla) per svalutare lo yen e porre fine alla
deflazione.
L’America ha seguito l’esempio
giapponese e, dal 2008, la Federal Reserve ha deciso di combattere la crisi
acquistando 800 miliardi di titoli del Tesoro, prestiti e bond garantiti da
mutui. Successivamente Ben Bernake (l’ex governatore della Fed) varò persino un
Qe 4, terminato alla fine del 2013 con il programma di tapering: ovvero la
graduale riduzione degli acquisti di titoli, visto il miglioramento
dell’economia statunitense.
Tornando all’Eurozona nonostante
l’intraprendenza della Bce venerdì 6 giugno è arrivata sull’Italia una doccia
fredda: l’agenzia di rating Standard & Poors ha mantenuto inalterato il
livello del rating del nostro paese a BBB.
Ora, se è vero che Renzi ha ben
impressionato gli investitori è altrettanto inconfutabile come il debito
pubblico italiano sia uno dei più alti della zona euro, con la crescita
economica che resta deludente e “modeste risultano le riforme strutturali
implementate dall’inizio della crisi”.
A piovere sul bagnato si aggiunge il
“miglior credito” dato a paesi come l’Irlanda (rating aumentato di due gradini)
o Spagna e Portogallo, caduti in una crisi più profonda del Bel Paese (complice
anche una bolla immobiliare) ma capaci di risollevarsi prontamente a fronte di
enormi sacrifici.
Concludiamo con una punta di
scetticismo: riteniamo le misure di Draghi non sufficienti per far ripartire la crescita in Europa, anche se
diamo atto al professore di come - passo
dopo passo - sia riuscito a traghettare gli “irriducibili teutonici” a più miti
consigli (ossia verso la promozione dell’inflazione), ma siamo fermamente
convinti che solo l’uso del “bazooka”, cioè di stimoli monetari non
convenzionali (l’invocato Qe), possa portare veri benefici a tutta l’Europa….e,
a nostro avviso, questo dovrebbe avvenire nel prossimo trimestre.
giovedì 5 giugno 2014
mestieri dimenticati 3
LUSTRASCARPE
Che tristezza questo centro commerciale, uguale a tutti gli altri con
queste luci gialle, il ronzio delle scale mobili, la gente che corre,
scappa, per risparmiare qualche centesimo del parcheggio.
Ho nostalgia della strada, degli angoli dove appoggiavo la schiena e
scambiavo un po' di chiacchiere, osservando le persone e capendo molto
di loro, prima dalle scarpe poi dallo sguardo.
Sulla strada avevo il mio cartone, il mio sgabello, la valigetta e il
secchio delle spazzole, lavoravo molto, mettevo in atto tutti gli
insegnamenti di mio padre che lui a sua volta ha ereditato dal nonno.
Adesso mi hanno dato questo brutto camice e un bancone a due piani del
tutto simile a quello degli arbitri del tennis, forse piu' piccolo,
con la seduta in alto e l'appoggia piedi in basso che e' molto scenico
ma poco comodo.
Il lavoro e' nullo, guadagno di piu' con le mance di qualche anima
buona che aiuto, portando le buste della spesa
fino alla macchina.
La lucidatura della scarpa e' quasi un gioco, provare qualcosa di
antico e sorpassato.
Poi anche le scarpe non sono piu' quelle, ormai sono usa e getta,
spesso di stoffa o tela, materiali buoni per qualche mese, al massimo
un paio di stagioni.
Quando iniziava l'inverno un tempo, tra grasso, impermeabilizzante e
lucido, rendevo un servizio quasi di miglioramento della salute dei
piedi, li proteggevo dal freddo della strada, ammorbidivo la loro
sede, rendevo malleabile la pelle che si adeguava al piede in
movimento fino alla forma perfetta.
Ricordo sul marciapiede, proprio davanti alla porta del negozio del
barbiere, mio grande amico, lui se non aveva lavoro stava fuori con
me.
Tutti ci salutavano, il sindaco e gli assessori si fermavano con
interesse, si parlava piu' di politica in quella zona che dentro al
municipio.
I voti passavano per quella strada, per quel piccolo locale che
odorava di shampoo, gel e brillantina.
Alla domenica barba e capelli, poi subito fuori per la lucidatura dei
mocassini e cosi' si era pronti chi per la Messa, chi per il
ristorante, i piu' giovani per la balera.
Venivo chiamato dai grandi hotel, nelle serata di gala o importanti convegni.
Mi accomodavo sulla poltrona e avevo la fila di clienti, le reception
piu' organizzate stilavano una lista di appuntamenti, ogni dieci
minuti circa un nuovo cliente.
Il lavoro era maniacale, ci si specchiava su quelle scarpe fatte con pelli di grande qualita'. Altroche' le macchinette con le spazzole rotanti di adesso, impersonali quanto inutili, spostanto solo la polvere da scarpa a scarpa.
I portieri si accontentavano di una percentuale bassa e il mio incasso
era sempre importante.
Ora invece sono chiuso qui dentro, piano tre A, neanche una via o una
piazza, solo una sigla, porto a casa qualche soldo senza fare il mio
lavoro, cambio i gettoni per il carrello o per i giochi dei bambini,
saltuariamente passo l'olio sulle serrande dei negozi, ma non mi pesa,
riesco a guadagnare onestamente e con dignita'.
Mi mancano pero' le persone, quelle che si fermano a parlare che sanno
godersi l'aria aperta ed il sole, che non vengono da te esclusivamente
per un servizio ma anche solo per dirti: buon giorno! Come va?
Che tristezza questo centro commerciale, uguale a tutti gli altri con
queste luci gialle, il ronzio delle scale mobili, la gente che corre,
scappa, per risparmiare qualche centesimo del parcheggio.
Ho nostalgia della strada, degli angoli dove appoggiavo la schiena e
scambiavo un po' di chiacchiere, osservando le persone e capendo molto
di loro, prima dalle scarpe poi dallo sguardo.
Sulla strada avevo il mio cartone, il mio sgabello, la valigetta e il
secchio delle spazzole, lavoravo molto, mettevo in atto tutti gli
insegnamenti di mio padre che lui a sua volta ha ereditato dal nonno.
Adesso mi hanno dato questo brutto camice e un bancone a due piani del
tutto simile a quello degli arbitri del tennis, forse piu' piccolo,
con la seduta in alto e l'appoggia piedi in basso che e' molto scenico
ma poco comodo.
Il lavoro e' nullo, guadagno di piu' con le mance di qualche anima
buona che aiuto, portando le buste della spesa
fino alla macchina.
La lucidatura della scarpa e' quasi un gioco, provare qualcosa di
antico e sorpassato.
Poi anche le scarpe non sono piu' quelle, ormai sono usa e getta,
spesso di stoffa o tela, materiali buoni per qualche mese, al massimo
un paio di stagioni.
Quando iniziava l'inverno un tempo, tra grasso, impermeabilizzante e
lucido, rendevo un servizio quasi di miglioramento della salute dei
piedi, li proteggevo dal freddo della strada, ammorbidivo la loro
sede, rendevo malleabile la pelle che si adeguava al piede in
movimento fino alla forma perfetta.
Ricordo sul marciapiede, proprio davanti alla porta del negozio del
barbiere, mio grande amico, lui se non aveva lavoro stava fuori con
me.
Tutti ci salutavano, il sindaco e gli assessori si fermavano con
interesse, si parlava piu' di politica in quella zona che dentro al
municipio.
I voti passavano per quella strada, per quel piccolo locale che
odorava di shampoo, gel e brillantina.
Alla domenica barba e capelli, poi subito fuori per la lucidatura dei
mocassini e cosi' si era pronti chi per la Messa, chi per il
ristorante, i piu' giovani per la balera.
Venivo chiamato dai grandi hotel, nelle serata di gala o importanti convegni.
Mi accomodavo sulla poltrona e avevo la fila di clienti, le reception
piu' organizzate stilavano una lista di appuntamenti, ogni dieci
minuti circa un nuovo cliente.
Il lavoro era maniacale, ci si specchiava su quelle scarpe fatte con pelli di grande qualita'. Altroche' le macchinette con le spazzole rotanti di adesso, impersonali quanto inutili, spostanto solo la polvere da scarpa a scarpa.
I portieri si accontentavano di una percentuale bassa e il mio incasso
era sempre importante.
Ora invece sono chiuso qui dentro, piano tre A, neanche una via o una
piazza, solo una sigla, porto a casa qualche soldo senza fare il mio
lavoro, cambio i gettoni per il carrello o per i giochi dei bambini,
saltuariamente passo l'olio sulle serrande dei negozi, ma non mi pesa,
riesco a guadagnare onestamente e con dignita'.
Mi mancano pero' le persone, quelle che si fermano a parlare che sanno
godersi l'aria aperta ed il sole, che non vengono da te esclusivamente
per un servizio ma anche solo per dirti: buon giorno! Come va?
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