mercoledì 17 febbraio 2016

Buon ritiro

Umberto è uno dei pochi pensionati non felice di esserlo, a lui non basta il caffè e i giornali del bar al mattino, non ha cani da portare a pisciare.
D'altronde nel suo passato ha avuto una vita frenetica, fatta di viaggi, voli per lo più interni ma continui, incontri e si dice qualche bella donna.
È obiettivamente difficile passare da un giorno all'altro da un vortice alla calma piatta.
Nella sua vita ha fatto di tutto: aspirante medico, cantautore, editore e con l'ardore giovanile il rivoluzionario comunista ambientalista, ma anche il modello di canottiere vintage, allevatore di avannotti.
Quello che però lo ha reso benestante è stata la sua capacità di imbonitore, ispirato da un suo grande amico, ma per tutti e due l'età avanza e lo smalto non è più lo stesso.
Ha piazzato di tutto, e' stato capace di accumulare i danari necessari per mantenere un ottimo stile di vita per lui e la sua famiglia.

Ora passeggia per il suo paesello in riva al lago, i suoi fedelissimi lo salutano con affetto e magari un po' di tenerezza, ricordando i fasti del passato, la grinta, la voce roca che rimbombava tra la gente.
Quando si ferma seduto su qualche panchina all'ombra a distribuire molliche di pane ai piccioni, qualche coetaneo gli porta il giornale, lui ringrazia ma lo legge malvolentieri, prova un po' di invidia verso quello definito il suo successore che riempie le prime pagine come faceva lui.
"Sto ragazzetto pensa in grande, vendere ruspe non è facile" pensa quando sfoglia le pagine.
Il suo passare la giornata viene sempre interrotta dal suo telefonino, quello con i tasti grandi:

"papà, sono in fattoria, ho un po' di carote, sedani e patate..."Ma lui lo interrompe "grazie, sono a posto così, ci sentiamo."

Non riesce a nascondere la sua malinconia, cerca di tenere davanti agli altri la sua fierezza, ma il cuore e' pieno di delusione, si sente tradito e abbandonato dalle stesse persone che lo portavano in palmo di mano, quelli che facevano la fila ogni anno per comprare ampolle d'acqua da portare a casa o in ufficio, in controtendenza con i normali boccioni che ora vengono messi negli angoli dietro ai computers o vicino al frigo.
Passeggia e borbotta e puntuale il telefonino squilla: 

"Papà sono in fattoria, ho un po' di carote, sedani e patate..."ma lui lo interrompe "grazie, sono a posto così, ci sentiamo" 

A lui piacerebbe passare all' osteria per giocare un po' a carte con gli altri ma il lato negativo della popolarità lo deve pagare, non è ben voluto da tutti, lo sa, e mantiene una certa discrezione, ma ciò gli pesa.
L'alternativa dei cantieri, ambita da molti pensionati, a lui non è gradita. In fondo grazie alla sua attività e alle sue amicizie quei cantieri lui li commissionava ora andare lì a vedere gli extracomunitari (che non vede di buon occhio!) a riempire la betoniera lo sente come una retrocessione, l'orgoglio del vecchio leone alla fine esce.

Quando il campanile batte mezzogiorno, come si usa in paese, si toglie il cappello e si incammina verso casa, e in questo momento che il suo pensiero vola al pomeriggio, come tirare sera? Cosa fare dopo il riposino del dopopranzo? Ama la televisione ma nello stesso tempo lo intristisce perché vede gente che non contava nulla che ora detta le regole al suo posto, preferisce mettere le vecchie vhs con lui protagonista.
Il pomeriggio passa tra play e rewind e viene interrotto solo dal cellulare con i tasti grandi. Come al solito è suo figlio. Ancora prima di dire pronto, con voce decisa: non mi servono né carote,né sedani, né patate.
Ma la risposta è sorprendente: no papà, volevo solo dirti che ho comprato una ruspa per la fattoria!
Vaffanculo, trota!


lunedì 1 febbraio 2016

DUUNKERKE

Dopo pochi chilometri d'autostrada arriviamo al parcheggio di un bel stadio da rugby. 

Finora di Duunkerke, dal finestrino di uno stanco ed usurato Berlingo, ho visto l'unico cimitero senza aiuole ma solo freddo cemento, un tennis club, delle industrie, alcuni centri commerciali e delle casette sparse in un panorama piatto e noioso.
Oltre al gia' citato Berlingo, ci seguono altri tre mezzi stipati all'inverosimile: bancali di legno, cibo, vestiti, giocattoli, materiale da cucina da campo e qualsiasi cosa puo' essere utile a chi vive nel fango e al freddo; materiale raccolto e preparato da gente di buona volonta' proveniente da qualsiasi latitudine.
Anche i passeggeri delle macchine formano una Babele mica da ridere, la maggioranza italiana e' felicemente contaminata da presenze spagnole, belghe e un bell' aiuto di un panettiere turco profuma le cabine delle vetture.

Il parcheggio dello Stadium du Littoral, e' curato, la struttura e' un autentico gioielllo, l'erba verde brillante, le H formate dai pali della porta del rugby attendono i coraggiosi e leali protagonisti di questo sport duro quanto elegante. E' paradossale davanti a tanto ordine, indossare qualunque abito e calzatura che limiti l'imbarcata di fango a cui stiamo andando consapevolmente incontro.

Mi aspetto una lunga fila di tende verdi e marroni, di quelle vecchie usurate ma ancora resistenti, quelle che i valorosi Alpini montavano nelle emergenze, quelle che ho usato da magazzino attrezzi quando facevo l'assistente alle colonie estive dei bambini, mi aspetto molto fango perche' ai miei amici che qua sono gia' stati e' la cosa che ha colpito di piu', poi onestamente non so piu' cosa pensare, non ho davanti a me un'immagine.

Poi un pugno nello stomaco. Quando mi dicevano Duunkerke e' un campo rifugiati con tende e niente altro pensavo una cosa ben organizzata seppur nella disgrazia e nell'indigenza, invece ti trovi davanti un campeggio improvvisato stipato di tende ad igloo di ogni dimensione, anche quelle da moto per una o due persone, i piu' fortunati hanno piazzato sotto un bancale, pallet per i piu' raffinati.
Il tutto ingoiato da un fango che non ho mai visto cosi' viscido ed agressivo, solo dove passano i mezzi dei volontari si riesce a camminare senza sprofondare.

I volontari fissi al campo muniti di radio cb portatili comunicano tra di loro ma la loro organizzazione  non e' proporzionata alla grande generosita' , tutto sembra improvvisato, prendiamo l'iniziativa e la cosa sembra accolta con favore.
Pallet, vestiti, scarpe, coperte e giocattoli nelle tende magazzino e allestimento di un veloce bancone per servire, the', caffe', cioccolato, frutta fresca e secca, qualche dolce.
Tutto viene assaggiato ed apprezzato ma l'impressione e' che ci sia bisogno piu' di cose semplici, di uso quotidiano, chi vuole il the' lo beve per scaldarsi ma anche per poter mantenere il bicchiere in plastica che puo' tornare utile in altre occasioni. Anche le cassette della frutta vuote sono ambite, sono un'ottima miccia per accendere un fuoco. 
Due fratelli, forse gemelli, di circa dieci anni, con in testa due ben visibili cappelli di lana hanno gia' puntato al fornello da campo con relativo gas, dopo averci fatto compagnia, aver bevuto una borraccia di the' esageratamente zuccherato, si meritano il trofeo, lo chiudono in una busta di plastica e lo portano alla mamma.

La luce del giorno inizia ad abbassarsi, le file per la cena ostacolano per un secondo la nostra uscita, la polizia mi controlla lo zaino, un ragazzo mi vede fare qualche foto, mi crede un reporter ma lo deludo subito, sono un semplice volontario, mi chiede un consiglio su cosa fare, e' iracheno e non sa cosa e' meglio per lui ed ha una gran paura di esser rispedito a casa, mi vergogno della mia ignoranza, gli dico cose che non gli serviranno, probabilmente lo deludo nuovamente. 
Noto una scritta su un piccolo muretto "good luck...my brother" e vicino dei prezosi stivali abbandonati.