lunedì 30 maggio 2016

Parentesi cestistica con Denzell Washington


Questo sarà probabilmente un articolo contorto e slegato, inutilmente prolisso e spesso fuori tema, ma può succedere quando leggi o vieni a sapere qualcosa che in te scatena pensieri che ti sembrano collegati in maniera forse troppo semplice; allora arrivi a casa e provi a spiegare la tua elementare logica a tua moglie che però non ha le tue stesse esperienze e priorità e ti guarda con la faccia stralunata e preoccupata, ti prepara una camomilla, ti mette la copertina sulle ginocchia e ti cerca di convincere a vedere un film con Denzell Washington.
Poi, lei, matematica al servizio della psicologia, che entra nei meandri del cervello per ottenere poi una semplice equazione alfanumerica magari anche ti ascolta per deformazione e interesse professionale ma poi grippa, e ripone tutto nella speranza e nella provvidenza quando inizi a parlarle di Gianmarco Pozzecco, Manuel Olivo, Nicolas Laprovittola, Leo Westermann, Stefano Tonut e Michi Ruzzier.
Gli amanti della palla alla spicchi conoscono quasi sicuramente cinque di questi sei nomi, chi invece è di Trieste e ha superato almeno gli otto lustri conosce tutti quanti.
Per completezza sono sei esterni, cinque playmaker.
Ma in questo pezzo sono solo dei pretesti per elaborare il mio intricato pensiero.
Iniziando da Gianmarco Pozzecco, voglio premettere che io non sono un tifoso del Poz, ma un fanatico, e proprio per questo carpirete cosa penso di Olivo.
Chi è Olivo? Un play triestino scuola Don Bosco (altri passati di la'? Attruia, Scabini, Lokar, Pecile per citare a memoria chi ha fatto la A) coetaneo del Poz.
Strutturando una proporzione matematica si potrebbe serenamente dire: Poz sta (strameritatamente) alla Nazionale e alla summer league NBA come Manuel Olivo sta ad una soddisfacente e remunerata carriera di serie A.
Non so cosa abbia negato ad Olivo di diventare un giocatore professionista, ma credo di poter dire che in quegli anni Trieste ha perso un'occasione di crescere una stella di casa, come purtroppo tante altre.
Ecco: forse è questo il succo di queste righe le occasioni perse, la scarsa lungimiranza, la poca fiducia del profeta in patria.
Sia chiaro io ora scrivo di Trieste perché è la realtà che meglio conosco ma mi immagino che in qualsiasi città dove il basket è culto tanti propongono lo stesso ragionamento.
Anzi posso allargare il mio pensiero a latitudini diverse  e qui entrano in gioco le letture scatenanti che vi accennavo a inizio pezzo a anche gli altri due play che ho nominato: Laprovittola e Westermann.
Un argentino ed un francese.
Si parla di nazioni che appartengono all'elite mondiale della palla a spicchi ma onestamente non mi sento di definirle due scuole di basket. 
Anche i due giocatori sono probabilmente due professionisti esemplari e tecnicamente validissimi ma è possibile che le due maggiori squadre della Lituania, culla del krepsinis, Lietuvos Rytas per il gaucho e Zalgiris per il galletto, negli ultimi due anni affidino alla regia a loro?

Ho sempre pensato presuntuosamente di essere competente ma ho applicato l'autocritica accettando di essere un romantico quindi con valutazioni più figlie del cuore di tifoso che dell'occhio del tecnico. 
Poi però dei ragazzini che sono passati per casa mia hanno ribaltato tutto e mi hanno fatto capire definitivamente che Nemo può essere profeta in patria e che è possibile sfondare definitivamente in un mondo dove preferiamo l'esotico, o forse è solo ostaggio dell'inciucio tra società, procuratori e affini.
Concludo quindi con i complimenti a Stefano Tonut e con la considerazione che Michi Ruzzier in qualche frangente qualcosa di meglio di Green avrebbe potuto fare, nel pur ottimo play off della Reyer.
Senza polemica, con convinzione e romanticismo, intanto hanno ferito Denzell Washington ma sta bene.

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