mercoledì 10 giugno 2020

Il postino

Porto la posta nella zona est della città, tranquillo, non tanto traffico e la linea gialla del tram che fa un servizio apprezzato da tutti i residenti, tranne da quelli della via principale, il Corso Garibaldi che se lo percorri tutto ti porta al centro.
Si lamentano che nel loro tratto la velocità è esagerata, ciò crea pericolo e scoraggia l’uso della bicicletta. 
Da utilizzatore di bicicletta per professione mi è stato chiesto più volte di firmare diverse petizioni da presentare all’azienda locale dei trasporti e al Comune per appunto regolarizzare la velocità del tram in quel tratto.
Devo dire che per una mia questione, diciamo così, organizzativa io non pedalo nel percorso “incriminato” perché preferisco parcheggiare la bici e camminare per quel dedalo di vie e viuzze scambiando anche qualche parola con le persone a cui consegno la posta.
In via dei millle, la via che poi si affaccia al tratto di viale Garibaldi ad alta velocità, abita il signor Germano Franco, uomo di una settantina di anni, piccolo, tarchiato con due braccia e due mani che sembrano due pagaie, sempre a testa bassa, scorbutico e spigoloso per usare eufemismi.
Non gli ho mai dovuto consegnare a mano qualcosa, sempre e solo cartoline o normali buste.
Con una certa agitazione, devo bussare allla sua porta sulla strada, la casa è praticamente appoggiata sul marciapiede, per consegnare una raccomandata.
Prima di farlo mi vengono in mente le leggende metropolitane attorno al Germano, che le megere di zona non lesinano a raccontare nel bar Marsala, o tra i vicoli. “Ha soffocato a mani nude un pit bull” “ha tentato di cementificare il suo capo cantiere che non avevo mantenuto determinate promesse economiche” “la casa dove vive l’ha ottenuta come indennizzo allo strozzo applicato al precedente proprietario”.
Con il cuore in gola, busso piano, poi vista la mancata risposta, più energeticamente.

“Fanculo”

Risposta concisa, ma chiara, per me quasi liberatoria, non mi andava di avere a che fare con quel tipo, compilo il cedolino e lo imbuco nella cassetta.
Quasi una volta a settimana però devo fare la stessa cosa, sia per il sollecito della raccomandata precedente, sia per nuova corrispondenza.
Talvolta vedendo la finestra aperta a ribalta ho cercato anche di farmi sentire “Buongiorno, posta, raccomandata”

“Fanculo”

Martedì mattina, all’inizio di Via dei Mille arrivo con quasi un’ora di ritardo dal solito orario per un problema al centro di smistamento.
Ordinando le lettere da imbucare in maniera cronologica rispetto al numero civico, incrocio il Germano, a cui non devo consegnare nulla, mi limito al saluto formale.

“Buongiorno”
“Fanculo”

Le casalinghe che battono il tappeto sulle finestre all’unisono, mi dicono altrettanto in coro di lasciar stare e che è fatto così, adesso andrà al bar per bere il caffè, non saluterà nessuno e non vorrà essere salutato, poi tornerà a casa, come sempre: con orari, vestiti e passo sempre uguali.

Il giorno dopo, puntuale il sollecito della prima raccomandata per il Germano, consegno tutta la posta e decido di rispettare i suoi orari.
Attendo circa mezz’ora all’angolo tra Corso Garibaldi e via dei Mille, preciso come un orologio svizzero esce da casa, respiro a fondo, e busta in mano gli vado in contro, quando siamo a due metri, con voce ferma dico: “signor Germano, una raccomandata per lei” gliela porgo in mano, “una firma qui”.
Preso alla sprovvista impugna la lettera, la stringe tra le dita e la lancia in aria, aumenta il passo fino a correre e mi urla:

“Fanculo”

In quel momento mentre, la sua corsa invade la carreggiata di Corso Garibaldi, con destinazione il Bar Marsala, posto proprio al ciglio opposto della strada passa il tram Giallo, a quella velocità tanto discussa dai residenti.

“Fanculo”.

Nessun commento:

Posta un commento