venerdì 14 agosto 2020

Lettera ad un giovane istruttore di minibasket

Caro giovane istruttore di minibasket,

è già da un po’ che volevo scriverti ma la timidezza e la consapevolezza che nonostante la differenza di età io posso vantare esperienze in più ma sicuramente non formazione, mi hanno reso titubante.

Probabilmente sei un istruttore che ha avuto un corso più lungo e diversamente organizzato del mio e adesso stai aspirando, giustamente, a migliorare ulteriormente la tua posizione, la tua tessera e il tuo sapere.

Ti ammiro e ti fa onore.

Come spesso mi succede l’elemento scatenante a scrivere qualcosa, questa lettera per esempio, mi arriva dalle letture che mi colpiscono, quindi alla fine di questo inutile testo aggiungerò un paio di righe del libro che ho tra le mani in questo periodo.

Pur cercando di vivere più possibile l’ambiente, sono ormai molti anni che non “tengo” un corso minibasket, e mi sono riavvicinato solo ultimamente nella figura di genitore.

Una figlia di un istruttore/allenatore e di una ex giocatrice e per di più con sangue lituano triestino ha obiettivamente poche possibilità di non provare la spicchia. Lo dico con assoluta serenità, non dimostrando alcun interesse o talento.

Ebbene, caro ragazzo, ti scrivo non per parlarti del dai e vai, del music basket o dei giochi di potere, cose che nell’arco dei miei venticinque anni di minibasket ho sentito proporre sempre dalla stessa élite di persone, ma per farti capire che entusiasmo, lavoro sporco e rapporti, valgono di più di qualsiasi altra cosa, questi tre ingredienti devono essere sempre nella tua sacca magica, quella che abbiamo sempre appiccicata alla schiena.

Una volta che nella sacca hai questo, puoi aggiungere tutto quello che ti viene propinato, studialo, filtralo, rendilo tuo, e sorridi, ti consiglio di saperti vendere.

Ma nelle prossime righe io voglio parlarti solo del contenuto della sacca magica:

  • Entusiasmo: il primo giorno che non ti sentirai in forma per andare in palestra, vai in vacanza. Riposa il tuo fisico. La mente non staccherà mai, probabilmente manderai whatsapp al tuo collega “maestro” che ti ha rimpiazzato, per sapere le presenze e se Giovannino finalmente ha fatto il terzo tempo senza inciampare su quella bastarda linea bianca. Se non lo farai, se è la mente invece ad essere satura, allora fatti un esame di coscienza, forse è ora di cambiare focus.
  • Lavoro sporco: quello delle piccole palestre che tu devi far apparire migliori delle arene NBA, il tuo obiettivo è di finire l’allenamento con lo stesso aspetto dei mostri che alleni: stanco, soddisfatto, sudato. Ho usato di proposito nella stessa frase allenamento e alleni, non vergognarti a usare queste parole, i mocciosi non si impressionano, i bacchettoni forse si. Poi dopo la doccia, quando sei pettinato e pulito,  fuori dalla palestra probabilmente in un istituzionale sala federale allora spiega come è andata la...lezione. Non sarà sempre possibile, ma nemmeno necessario e utile, narrare una favola in palestra o chiamare le linea di fondo la tana dell’unicorno, a volte va benissimo dare alle cose il nome vero, ti ripeto il moccioso non è così impressionabile e riga di fondo non è una brutta parola e fare degli esercizi può essere anche estremamente divertente, talvolta meno noioso di una fiaba, soprattutto se tu abbini le prime due cose della sacca.
  • Rapporti: con i bambini e ragazzi, con i loro genitori, con le persone della tua società, con chi gravita intorno non solo al MB ma anche a tutti i livelli della nostra disciplina. Con i bimbi, il sorriso non può mai mancare, il rispetto dei ruoli neanche, le regole della palestra ancora meno. Da ragazzo stupido ma entusiasta giovane istruttore avevo un “nemico”, un vecchio maestro, che vedevo come superato, e che volevo battere sempre ma poche volte l’ho fatto. Una volta capitai, non so per quale motivo, al principio di un suo allenamento, alle 14 (!!). I bambini arrivavano alla spicciolata, uno entrava da una porta già pronto, uno dalla tribuna dove velocemente cambiava le scarpe, uno da una porta laterale, altri dallo spogliatoio. Lui, fermo, in piedi appoggiato al tavolo di metà campo. Ebbene tutti, correndo percorrevano la stessa traiettoria nella sua direzione, per salutare, battere il cinque e rispondere ad una veloce domanda, sulla scuola o famiglia o altri impegni. Rituale di ogni inizio allenamento. Questo piccolo e probabilmente insignificante episodio mi ha fatto conoscere meglio il mio “nemico” e mi ha arricchito molto. Quindi cerca dal nulla, dal particolare la tua Costituzione di palestra, discutila con i tuoi colleghi falla diventare disciplina societaria. Con i genitori il discorso è più complesso, e deve interessare molto al tuo dirigente, tu tieniti ad un rapporto cordiale, dove possibile limitando disamine tecniche, e usando sempre il buongiorno e buonasera al posto del ciao, e preferendo il lei dal tu. Con colleghi e collaboratori: se vi sentite liberi di dirvi qualsiasi cosa all’interno dello spogliatoio, e poi siete capaci di chiedervi scusa e riderci sopra, avete formato un gruppo super. 


Non ambire a fare il professionista, se ti capita valuta ma non farti legare le mani dal rimborso spese, un istruttore con le mani legate non può fare la superbomba, la schiacciata o “nascondere” la palla con un semplice ball handling, ma sii professionale, quello sempre.


Buon lavoro, buona ripresa.




Da “storia di un boxeur latino” di Gianni Minà:


 Ci educavano soprattutto con lo sport. Conoscevano le potenzialità formative di quel linguaggio. Sarà banale ripeterlo, ma lo sport ti addestra per davvero alla sconfitta e alla vittoria, alla lealtà e alla sfortuna, ti insegna insomma il rapporto tra allenamento e risultato, il riconoscimento e il rispetto del talento e il valore della volontà.


(...) sono sempre stato attratto dalle quinte più che dalla scena.


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