domenica 3 novembre 2013

Corner K -attendendo Krugman-

WEEKLY PILLOWS  

Questa volta iniziamo con una doverosa premessa: urliamo un “Big thanks” al blogger che ci ospita.. riteniamo infatti che, da soli, non saremmo mai riusciti a far imbestialire  un premio Nobel per l’economia.
Nel nostro ultimo intervento avevamo sottolineato la debolezza del dollaro (anziché la forza dell’euro) ed ecco che dalle colonne del New York Times il professor Krugman comincia ad inveire : “….le persone che dicono queste cose generalmente non hanno la più pallida idea di quale sia realmente il ruolo del dollaro, di che cos’è che possa mettere a rischio tale ruolo e di perché sia rilevante (se lo è).”
Apriti cielo. Concordiamo col Nobel come il “biglietto verde” adempia alla perfezione al ruolo della moneta (mezzo di scambio, unità di conto e mezzo di tesaurizzazione) e di come sia valuta veicolo ovvero usata per transazioni internazionali o di conversione. Siamo anche disposti a riconoscere come alcuni paesi aggancino la propria valuta a quella americana o come alcuni grossi investitori “draghino” parte dei loro patrimoni in dollari…ma adesso siamo noi a puntare i piedi.
Allora prof, prima di partire per una delle sue solite “crociate” rilegga il nostro intervento invece di “tweetare” quotidianamente un’analisi economica esprimendosi sempre con una convinzione granitica o con commenti al vetriolo (per fortuna anche verso altri premi Nobel) nei confronti di chi non è sulla sua stessa lunghezza d’onda.
 
Per qualsiasi cosa la invito, comunque, a usare questo blog come terreno di sfida. Grazie.
 
Tornando invece alla settimana trascorsa abbiamo potuto assistere ad una “prima assoluta”. Il Tesoro americano nel suo rapporto semestrale sulle valute ha criticato apertamente la Germania.
Al di là delle questioni politiche (alcuni sostengono sia stata una risposta all’affondo teutonico per il “Datagate”) ci preme sottolineare l’aspetto economico. Gli americani, ancora una volta (?), scendono in campo per salvare l’Europa dalla Germania, guidata non più da un imbianchino coi baffetti alla Charlot, ma dalla “cancelliera di ferro”.
Gli USA accusano palesemente Berlino di porre un freno alla crescita europea, già ai minimi termini. L’austerità voluta dalla BCE (su spinta della Merkel) ha tenuto si sotto freno l’inflazione europea (0.7% il dato di ottobre, i minimi di sempre) ma ha bloccato pure la domanda interna.
Forse la Germania vive un complesso: quello di essere considerata un paese piccolo, un po’ come l’Europa e quindi fa la formica perché consapevole, un giorno, di non sedere nel tavolo dei “Grandi”. Potrebbe essere valida tale ipotesi soprattutto alla luce di quanto sta facendo la Cina. Entrambe le economie (tedesca e cinese) basano tutta la loro crescita sull’esportazione. In Europa i tedeschi (grazie al cambio) sono i primi esportatori, tuttavia non stimolano in alcun modo la domanda interna ovvero i consumi tedeschi (ed europei) impedendo alla banca centrale di adottare politiche monetarie espansive, provvedimenti accolti, invece, dalle tre banche mondiali più importanti (giapponese BoJ, inglese BoE e l’americana Federal Reserve).
I risultati sono sotto gli occhi di tutti: il Pil cinese corre a due cifre (10%), quello europeo è tornato indietro di 20 anni….chissà cosa avrà da dire Krugman…

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