lunedì 17 febbraio 2014

Corner K -Weekly pillows-

Euro…si o no ? 

Cerchiamo di fare un breve elenco delle ragioni a sostegno (o meno della moneta unica).
 
La decisione di adottare la stessa moneta da parte dei paesi membri dell’unione europea è stata presa, tra l’altro, per rilanciare l’Europa. Il vecchio continente formava in tal modo un mercato unico in grado di competere con gli Stati Uniti d’America, il Giappone e la Cina. Singoli paesi europei non avrebbero avuto la possibilità, da soli, di essere concorrenziali. 
La mossa avrebbe dovuto servire a portare, nuovamente, l’Europa al centro degli scambi commerciali, in una posizione di vertice.
Inoltre l’unione monetaria avrebbe consentito politiche uniche spinte dal “sentire comune”, e tale visione avrebbe dovuto essere più lungimirante rispetto alla politica di un singolo stato membro. Sarebbero state messe in atto sinergie e obiettivi di più ampio respiro.
Da che mondo è mondo, si sa, l’unione fa la forza: in situazione di crisi, tutti i paesi si sarebbero rimboccati le maniche per affrontarla al meglio ed ottenere risultati più rapidi.
Disoccupazione, inflazione, costo del denaro e della vita sarebbero diventati “europei” e non più problemi lasciati ai singoli governi.
Le transazioni commerciali e gli scambi con la UE avrebbero avuto un peso specifico diverso, maggiore rispetto a quello dei singoli paesi membri.
Inoltre difficili decisione politiche sarebbero state adottate dal “gotha” del sistema economico finanziario e non lasciate a governanti piccoli e meschini.
Saremmo stati protetti dalla BCE, che si sarebbe posta come baluardo ed avrebbe impedito ai singoli stati di svalutare le proprie monete (lira, dracma, pesetas) evitando così un pericoloso allontanamento dal mercato dei capitali e dagli investitori esteri.
 
Gli euroscettici sostengono invece come l’unione abbia limato o addirittura eliminato la sovranità dei paesi membri. Le singole banche centrali (Banca d’Italia, Bundesbank, Banco Central, ecc.) non comandano più in casa propria ma debbono inchinarsi al volere di un ente supremo (la Bce). Tale ente, anche se in teoria costituito da tutti, è mosso da chi conta di più: la Germania. Le politiche comunitarie diventano quindi politiche euro-tedesche dove il controllo dell’inflazione è la parola d’ordine che non va disobbedita pena ire funeste teutoniche (come per esempio il ricorso alla Corte di Francoforte per decisioni in contrasto col “diktat” germanico”).
In tal modo l’inflazione è si sotto controllo ma non si vede la crescita, tanto auspicata, dagli economisti per traghettare l’Europa al di fuori della peggior crisi a partire del 1929.
Combattere l’inflazione vuol dire, inevitabilmente, elevata disoccupazione, problema tutt’altro secondario nell’Unione, che impedisce alla macchina europea di ripartire.
I singoli stati non possono più compiere politiche monetarie autonome per arginare la crisi ma aspettano di ricevere ordini dall’alto, da quella Bce (fortunatamente presieduta dal professor Draghi), tenuta in ostaggio dalla Merkel.
E’ naturale come politiche uniche comunitarie prima di attecchire nei vari stati abbiano bisogno di tempo, fattore che al momento manca all’Europa e soprattutto agli europei che vogliono tornare a lavorare, ad essere competitivi e riprendersi un benessere antico. Si sente una stanchezza che aleggia nei paesi comunitari, stanchezza dovuta a licenziamenti, disoccupazione, crollo dei consumi.
Tale stanchezza creata dal gendarme tedesco può sfociare in spinte nazionalistiche o indipendenti e creare forti crisi sociali.
 
E’ noto come qualsiasi matrimonio viva di alti e bassi ed ha bisogno di tempo e pazienza per essere rodato, ma se poggia su basi solide e sorretto da comuni intenti, le crisi, vengono sempre superate…..questa è l’invocazione di milioni di europei.











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