giovedì 5 giugno 2014

mestieri dimenticati 3

LUSTRASCARPE


Che tristezza questo centro commerciale, uguale a tutti gli altri con
queste luci gialle, il ronzio delle scale mobili, la gente che corre,
scappa, per risparmiare qualche centesimo del parcheggio.
Ho nostalgia della strada, degli angoli dove appoggiavo la schiena e
scambiavo un po' di chiacchiere, osservando le persone e capendo molto
di loro, prima dalle scarpe poi dallo sguardo.

Sulla strada avevo il mio cartone, il mio sgabello, la valigetta e il
secchio delle spazzole, lavoravo molto, mettevo in atto tutti gli
insegnamenti di mio padre che lui a sua volta ha ereditato dal nonno.

Adesso mi hanno dato questo brutto camice e un bancone a due piani del
tutto simile a quello degli arbitri del tennis, forse piu' piccolo,
con la seduta in alto e l'appoggia piedi in basso che e' molto scenico
ma poco comodo.
Il lavoro e' nullo, guadagno di piu' con le mance di qualche anima
buona che aiuto, portando le buste della spesa
fino alla macchina.

La lucidatura della scarpa e' quasi un gioco, provare qualcosa di
antico e sorpassato.
Poi anche le scarpe non sono piu' quelle, ormai sono usa e getta,
spesso di stoffa o tela, materiali buoni per qualche mese, al massimo
un paio di stagioni.
Quando iniziava l'inverno un tempo, tra grasso, impermeabilizzante e
lucido, rendevo un servizio quasi di miglioramento della salute dei
piedi, li proteggevo dal freddo della strada, ammorbidivo la loro
sede, rendevo malleabile la pelle che si adeguava al piede in
movimento fino alla forma perfetta.


Ricordo sul marciapiede, proprio davanti alla porta del negozio del
barbiere, mio grande amico, lui se non aveva lavoro stava fuori con
me.
Tutti ci salutavano, il sindaco e gli assessori si fermavano con
interesse, si parlava piu' di politica in quella zona che dentro al
municipio.
I voti passavano per quella strada, per quel piccolo locale che
odorava di shampoo, gel e brillantina.

Alla domenica barba e capelli, poi subito fuori per la lucidatura dei
mocassini e cosi' si era pronti chi per la Messa, chi per il
ristorante, i piu' giovani per la balera.
Venivo chiamato dai grandi hotel, nelle serata di gala o importanti convegni.
Mi accomodavo sulla poltrona e avevo la fila di clienti, le reception
piu' organizzate stilavano una lista di appuntamenti, ogni dieci
minuti circa un nuovo cliente. 

Il lavoro era maniacale, ci si specchiava su quelle scarpe fatte con pelli di grande qualita'. Altroche' le macchinette con le spazzole rotanti di adesso, impersonali quanto inutili, spostanto solo la polvere da scarpa a scarpa.
I portieri si accontentavano di una percentuale bassa e il mio incasso
era sempre importante.



Ora invece sono chiuso qui dentro, piano tre A, neanche una via o una
piazza, solo una sigla, porto a casa qualche soldo senza fare il mio
lavoro, cambio i gettoni per il carrello o per i giochi dei bambini,
saltuariamente passo l'olio sulle serrande dei negozi, ma non mi pesa,
riesco a guadagnare onestamente e con dignita'.
Mi mancano pero' le persone, quelle che si fermano a parlare che sanno
godersi l'aria aperta ed il sole, che non vengono da te esclusivamente
per un servizio ma anche solo per dirti: buon giorno! Come va?

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