mercoledì 22 aprile 2015

Sono ricco

Influenzato dai racconti del sito, il fidato economista del blog si cimenta in una storia.
Ha alzato insomma la testa dai suoi weekly pillows, ha preso la penna e ha prodotto: Sono ricco.

Grazie coach K.



Sono ricco… d’età ed esperienze e ho i miei lussi: mi estraneo, quando qualcosa non mi piace o mi spazientisco, mi isolo… e ricordo. E’ un gran lusso, perché alla mia età ti lasciano in pace, non insistono o ti pungolano, come facevano molti anni fa.
Da sempre, la prima volta credo a 6 anni, se mi annoiavo me ne andavo, non fisicamente, ma partivo per i miei viaggi mentali, mi distraevo, pensavo a fantasie, immaginavo. Ma era praticamente impossibile, venivo richiamato alla realtà, mi strattonavano, mi prendevano in giro. Ora è diverso: il passato mi fa vivere il presente, ricordo e vago con le molte cose occorse alla mia vita, il presente è miserabile: vivo con figli e nipoti, e mi sposto dal letto alla poltrona.
Oggi però è il mio compleanno ed hanno deciso di portarmi in città per farmi un regalo. Io, al solito, non ho chiesto nulla, ma per i nipotini bisognava portare fuori il nonno e comprargli… una pipa. L’ho detto che sono ricco: ricordo e fumo. Purtroppo l’ultima pipa si è rotta e non riesco ad aspirare più bene ma, ripeto, non ho chiesto nulla. Continuavo a fumarla perché anch’essa legata ad un ricordo, ero stato in America un anno, a studiare medicina; ero arrivato un po’ prima delle vacanze di natale, sbarcato a New York ed accolto dalla prima grande nevicata, faceva freddo ed il vento mi impediva di accendermi la classica sigaretta. Avevo un paio di giorni liberi, prima di cominciare gli studi e così cominciai a gironzolare, mentre camminavo per la Lexington, con le scarpe sommerse dalla neve, scorsi una vetrina con dentro della gente che sembrava godersela alla grande, avvolta da nuvole di fumo. Non capivo bene di cosa si trattasse così ci ripassai davanti un’altra volta e poi decisi di entrare.
Faceva caldo, salutai stentatamente e chiesi di togliermi il cappotto. Fui accolto con gentilezza ed invitato a sedere. Mi venne chiesto cosa volessi ed io domandai un tè. Il mio ospite mi sorrise e mi spiego che quella era una “fumeria”, ovvero un posto dove si chiacchierava tra una boccata e l’altra; in effetti guardandomi attorno scorsi varie persone a fumare sigari o tirare la pipa. Le mie sigarette erano decisamente fuori posto per cui chiesi un sigaro e come risposta ottenni un sorriso. Mi venne fatto cenno di alzarmi e fui introdotto in un'altra stanza dove tabacchi e sigari riempivano intere pareti, non volevo andarmene visto il tepore ma ero evidentemente imbarazzato, con mio grande sollievo (e considerato il mio abbigliamento non proprio sfarzoso) mi venne consigliato un Hoyo de Monterrey di provenienza cubana. Per me era la prima volta, lo accessi con non poche difficoltà e mi adagiai su una comoda poltrona pensando al mio futuro, mi ero appena congedato dall’esercito e cercavo una specializzazione per aprire un mio studio di medicina privato, sognavo una casa con un caminetto, una moglie yankee e qualche pargolo, insomma la tipica vita media americana.
Dopo quasi tre quarti d’ora, in cui forse mi ero pure appisolato, decisi che era arrivato il momento di tornare a bighellonare, ma vista la gentilezza riservatami volli assolutamente comprare qualcosa, un oggetto che mi rimanesse nel tempo e mi ricordasse il primo impatto con gli Stati Uniti, comprai la mia prima pipa, una Peterson.
Ora a distanza di più di 45 anni mi ritrovo di nuovo col cappotto addosso pronto ad uscire coi nipoti a guidarmi in un piccolo negozietto dotato di varie pipe e oggetti da fumo.
Ho sempre freddo, indosso un cappotto con sotto una sciarpa, un maglione di lana grossa ed una camicia di flanella, calze da montagna, pantaloni a coste di velluto ed il mio inseparabile cappello pesante, acquistato dopo 20 minuti di permanenza  a Boston, grazie al vento proveniente dall’Artico.
Entriamo e, stranamente, nessuno fuma…ritorno ai ricordi…ho un nipote per mano ed appena il commesso ci mostra le sue numerose pipe i pargoli restano esterrefatti, sono tutte luccicanti, pulite e odorano di nuovo. Ho sempre raccontato poco di me, alle domande rispondevo con altre domande, sempre per il fatto che mi estraniavo, e mi ricapita pure ora.
Poi, ad un certo punto, il nipotino più piccolo, con un innocente grazia, mi gira il mento, in modo che lo possa fissare negli occhi, in mezzo a noi una bella pipa, grande, curva, rossa, e le parole mi escono dal cuore, senza che possa trattenerle:
“E’ la stessa che usava il mio amico Sherlock”.

Nessun commento:

Posta un commento