giovedì 11 dicembre 2014

Il pesce Rosco

A Kaisiadorys una piccola città' della Lituania situata esattamente a meta' strada tra la capitale politica Vilnius e quella economica Kaunas c'e' un piccolo lago che in estate offre refrigerio a frotte di bagnanti, alla faccia di chi pensa che in questa terra baltica ci sia un freddo perenne.
Ma dal mio punto di vista e' d'inverno che il lago offre il panorama migliore, quando e' completamente ghiacciato e i pescatori accovacciati su improbabili sgabelli prima bucano il pack con un attrezzo che e' una via di mezzo tra un enorme cavatappi e quelle leve che si usano per abbassare le tende parasole dei poggioli, poi infilano con perizia nel foro ottenuto la lenza, approfittando della riduzione dello spazio vitale e della carenza di mezzi di sostentamento dei pesci per catturarli.
Quando cammini sul lago, in una sorta di delirio di onnipotenza divina, nei punti più limpidi puoi vedere chiaramente i pesci nuotare in maniera nervosa sul fondo in cerca di cibo, va da se che appena vedono una preda facile quanto appetitosa si buttano senza riflettere agganciando così l'amo e subendo lo strappo deciso del pescatore.
Noto pero' un pesce che più o meno ripete lo stesso giro, e quando mi adagio sul ghiaccio per ammirare e fotografare il panorama e i rituali dei pescatori, lui rallenta e butta l'occhio, tutt'altro che lesso, verso di me. Curioso, lo seguo con lo sguardo, si ferma sul fondo per poi infilarsi in un vecchio buco ora non utilizzato e non ancora ricristallizzato.

- Hei, ma che pescatore sei? Con quell'enorme lenza nera e gialla fai poca strada, siamo affamati mica imbecilli.-

Di petto rispondo che con la macchina fotografica e la cinghia non ho nessuna intenzione di pescare, solo poi realizzo che sto ascoltando e rispondendo ad un pesce che peraltro non conosco, e mia mamma dai tempi delle elementari mi ha sempre detto di non dar filo agli sconosciuti e di non prendere le caramelle offerte da uno mai visto prima.

Resto incuriosito e lui mi incalza:

- e' un brutto periodo, le risorse sono pochissime, va molto meglio d'estate quando i bambini buttano piccole molliche di pane, ma anche dai vicini canneti riusciamo a procurarci qualcosa ripulendo le foglie che si immergono nell'acqua.
Ora non c'e' nulla da fare, ci si deve muovere poco per consumare meno, e in questo il ghiaccio che occupa tutto lo spazio ci aiuta, poi bisogna fare un po' gli avvoltoi prendendo quel poco che i nostri simili staccano dall'amo prima di finire agganciati fatalmente.
I giovani non lo capiscono, non si fermano mai, corrono per trovare qualcosa, ma corrono inutilmente perché i corridoi nei ghiacci sono sempre gli stessi, e quando sono allo stremo delle forze sperano in qualcosa di migliore sapendo di andare incontro a morte sicura.
Ancora tra di loro gira il falso mito di finire in qualche boccia di vetro o acquario dopo aver abboccato, forse e' solo una maniera per sperare ancora, anche se barattare cibo sicuro con la libertà mi sembra un affare sballato.-

Sbalordito, non faccio in tempo ad organizzare una frase, che lui attacca con un pistolotto sul fatto che noi umani usiamo la forma verbale "amo", cioè il verbo del sentimento puro per antonomasia, lo trasformiamo in sostantivo ed otteniamo un'arma per uccidere un'altro essere vivente.
Penso che in effetti e' così, ma insomma usando tutta la mia superficialita' penso che lui non e' nessuno per farmi sentire in colpa, non può eleggermi a rappresentante del male umano.
Io poi, che sono andato a pescare meno di dieci volte, io, che faccio parte di una famiglia di pescatori scarsi. Mio padre, uomo di grandi virtu', si offenderà certamente alla lettura di queste righe, ma l'onesta' del racconto non può venire meno. 

Mio padre e' un pescatore fallito e spesso falso, il peggio della sua anima esce sempre dopo patetiche puntate di pesca. Clamorose corse in pescheria all'alba a spendere fior di quattrini per non subire sottili ironie famigliari  all'ordine del giorno dopo notturne e umilianti battute di pesca. 
Ho il chiaro ricordo di importanti difficoltà di successo anche nei laghetti dell'allevamento trote in Valle d'Aosta dove i pesci quasi morenti di inedia saltavano nei prati per brucare, ma non abboccavano all'amo del signor Bassi senior.

Il pensiero del mio vecchio mi permette di prendere tempo, dopo la paternale dell'ormai amico pesce che pero' riprende il suo discorso:
- cosa ci fa un italiano qui? Tu assomigli ad un forestiero che ho visto quest'estate, ci ha disturbato per mezz'ora, con dei buffi tuffi che alzavano molta acqua, si buttava praticamente con la sua prosperosa pancia per poi portare le sue gambe corte al petto quando arrivava al pelo del lago e riemergendo diceva in maniera quasi meccanica in un idioma sconosciuto: goskizza'? K, z, accenti, credo si trattasse lingua afghana o tartara anche se le similitudini con la tua figura sono enormi. 

E' la prima volta che vieni qua? - Mento spudoratamente, non mi va di ammettere che effettivamente in quel lago a luglio ho tenuto in allenamento la "clanfa" tipico tuffo triestino che nobilita l'orgoglio maschile solo se dal balzo dalla terra ferma al lago si ottiene un'importante colonna d'acqua, e che goskizza' detto di botto col primo fiato dopo l'apnea non e' altro che "ho schizzato?" in dialetto alabardato.
Non credo di averlo convinto, ma lui non si fida molto della sua vista spesso ostacolata da molti metri di acqua sopra la testa e fortunatamente glissa e ricomincia.

-Alla fine non ho molti amici qui, mi guardano con sospetto e diffidenza, sono tra i più vecchi in assoluto e pensano che magari ho qualche risorsa nascosta da cui attingo senza dire nulla a nessuno ma io sono solo timido, magari burbero ma non egoista, semplicemente vivo in maniera diversa, cerco di vivere secondo le mie rinunce, questo non e' capito da tutti.
Quindi se ti va per due chiacchiere io sono qua. Mi chiamo Rosco. Pesce Rosco.-





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