Guido anche se odio farlo, ricordo nel cortile di casa quando da bimbo giocavo con i miei amici e mio padre tornava dal lavoro. Due colpi di clacson, la mia corsa verso l'interruttore del cancello, portone aperto, un cenno con la mano e mio padre mi prende sulle ginocchia mi fa impugnare il volante. Conduco la macchina dentro al garage riempiendo d'orgoglio il "vecchio".
L'ho sempre fatto per lui, in verità non vedevo l'ora di tornare in cortile con i miei compagni di gioco.
Chissa' se e' partito da li' il mio totale disinteresse per automobili e guida.
Ora ho la fortuna di poter fare tutti i miei spostamenti quotidiani in bicicletta o meglio in metro, mezzo rapido, preciso.
Uso la mia utilitaria con pochissimi chilometri, solo nel momento in cui ho pensieri negativi forse perché sono talmente concentrato per fare una cosa che mi viene difficile, che dimentico il resto.
Ho ricordo di mia nonna quando guidava e mi sento come lei, la ricordo dritta, con le mani sul volante messe alle nove ed un quarto, e la testa esattamente incastrata tra la visiera parasole e il volante stesso.
Io sono così, inforco gli occhiali anche se ho una miopia di zero venticinque e solo da un occhio, il codice stradale non prevede per me l'obbligo lenti, metto il sedile a novanta gradi e quasi mai appoggio la schiena, prima di partire controllo la distanza con i pedali e regolo la seduta di conseguenza, provo tutte le luci e le spie, posiziono gli specchietti, insomma faccio tutte quelle manovre che sono obbligatorie per accontentare l'ingegnere all'esame di guida, ma totalmente inutili ora, dato che la mia macchina la porto solo io.
Vado senza meta, parto da Milano scappando negli orari dove il traffico ti da' un po' di tregua.
L'autostrada e'imboccata, mangiare il nastro d'asfalto mi rende invincibile, sto dominando un mio tallone d'Achille con estrema facilita', esorcizzo una mia paura affrontandola.
La pressione sale quando davanti a me transita un veicolo piu' lento, peggio ancora se e' un autoarticolato o un camion. Sono sempre combattuto se rallentare e mettermi dietro, o scalare le marce, mettere la freccia e provare ad andare.
In questi momenti odio me stesso, potevo stare a casa, sul divano a sfogare le mie magagne sui videogames o distrarmi con un film amato e sicuramente già visto milioni di volte.
Finalmente niente davanti, asfalto, sole all'orizzonte, solo qualche folle che mi passa a sinistra a velocità multabile, la concentrazione non scende mai, non ho il tempo per pensare alle mie beghe personali: al lavoro che va a rilento, se veramente ha avuto senso traslocare nella grande metropoli, alla mia eterna fidanzata che probabilmente non diventerà mai mia moglie, al nostro rapporto che si interromperà di comune accordo dando la colpa alla distanza che ci divide e non al logorio e al poco entusiasmo di qualcosa portato avanti senza mai farsi una domanda.
Solo una piccola sosta, per andare in bagno, bere un caffè' e mangiare uno snack dolce e mettere un po' di carburante.
Riprendo il percorso, il sole e' basso e' molto più semplice portare la macchina con questa luce, tengo sempre la velocità moderata e costante, più si accumulano i chilometri più mi rendo conto che i pensieri della quotidianità riescono a farsi spazio nella fuga.
Butto l'occhio sulla destra un cartello verde mi dice prossima uscita "Caianello", esco e rientro dall'autostrada e' ora di tornare.
Nessun commento:
Posta un commento