Nella vita di ogni giorno sono piuttosto ottimista, obiettivo, non polemico: e' il mio lavoro che mi trasforma. Probabilmente chi mi sente parlare di musica trova dei livelli di presunzione inaccettabili, pensa ad un invidia che mi corrode, ma da quando suono mi sono messo dei paletti, ho seguito dei criteri con coerenza e costanza, qualche risultato l'ho portato a casa, qualche soddisfazione l'ho raccolta.
Allora riconoscendo chi ha più talento, chi e' più bravo, vado avanti seguendo quella strada che non ho trovato pronta ma che ho battuto chilometro per chilometro.
Non contratto alcun ingaggio, ho un prezzo variabile che decido solo io, preferisco un paio di cene a pane e formaggio scaduto piuttosto che scendere a compromessi.
Per l'Inferno il prezzo e' sempre lo stesso, il proprietario Gibi sa esattamente quanto incassa, chi entra e chi non entra quando suono io. Da quando ci sono i messaggini del cellulare, solitamente ad inizio settimana mi arriva un anonimo -Giovedi'- e' Gibi che mi fissa la data.
Dopo una serata all'Inferno, Gibi mi avvicina e mi chiede la disponibilità di suonare per il locale di un suo amico che ha aperto da poco. Il locale si trova ad oltre cento chilometri da casa, Gibi gli ha parlato di me e mi prega di lavorare alle stesse condizioni dell'Inferno.
Accetto. Gibi e' uno sbruffone pieno di se, ma con me e' stato sempre gentile, preciso ed onesto.
La serata non va benissimo il locale nuovo pur essendo molto carino ed organizzato fatica a decollare, ed io non sono quello che si dice un riempipista. Il proprietario amico di Gibi mi ringrazia, mi paga, ma si capisce da come mi liquida che non e' soddisfatto.
Me ne faro' una ragione, ma per stasera e' un problema, in quanto contavo in un passaggio per il ritorno da parte sua o da qualche suo cliente amico o collaboratore.
Sono nel parcheggio di un locale poco frequentato per altro ormai chiuso, nel buio pesto, a due passi da una statale non così' frequentata.
Probabilmente il cachet ricevuto non paga la tariffa extraurbana notturna e i cento chilometri e più di un taxi.
Torno indietro di quindici anni quando con due amici raggiunsi la costa adriatica con l'autostop.
Passa quasi un'ora, e non più di una quindicina di macchine, quando si ferma una vecchia Renault Espace.
Un uomo forse leggermente più vecchio di me alla guida e dietro un signore di almeno sessant'anni che dorme, il sedile centrale vuoto e tutto spostato sulla destra un ragazzo forse ventenne con un casco da moto tra le ginocchia che guarda fuori dal finestrino senza farsi distrarre dalla mia entrata in macchina.
Un saluto rapido e piuttosto timido e imbarazzato, dico la mia destinazione, e l'autista risponde: Ok!Perfetto!Ci passo!
Il silenzio e' irreale non mi fido a dormire, meglio tenere gli occhi aperti, decido di rompere il ghiaccio: Andate tutti dove vado io? Il ragazzo con il casco tra le ginocchia mi dice: Chiedi a lui! Indicando l'autista che prontamente aggiunge: Passo anche li, quando serve!
Il sessantenne sposta il suo lato di sonno sbattendo il cappello sul finestrino.
Abbastanza turbato dalle risposte decido che e' il caso di restare in silenzio per quanto possibile, penso alla serata nella sua totalità e l'unica cosa che ottengo dal mio rimuginare e': che per essermi fatto più di un'ora di pullman a tardo pomeriggio, aver suonato per quattro gatti, e aver messo a repentaglio la mia esistenza con questo assurdo viaggio in automobile, ho chiesto troppo poco denaro.
Per vincere il sonno mio, ma soprattutto quello possibile e nel caso letale dell'autista, riprovo a parlare: Stai rientrando dal lavoro?
L'autista dopo una smorfia mi risponde: No, non lavoro, ho la fortuna di avere una rendita, grazie a mio nonno che durante la guerra e' riuscito in qualche maniera a lucrare, poi mio padre ha dilapidato tutti i soldi e le attività ma prima di morire ha venduto tutti gli immobili rimasti tranne casa nostra e con quello che ha incassato ha garantito una vita dignitosa a me, dopo di me pero' il nulla.
Penso che probabilmente non ha voglia di parlare e con questa cazzata mi ha zittito, fosse veramente ricco magari qualcosa di meglio di questa Espace che seppur tenuta bene vent'anni li ha tutti, potrebbe avere.
Giro leggermente il collo e con la coda dell'occhio vedo il ragazzino: Tu? Sei un suo parente?
No, sono rimasto in strada con il mio motorino a circa dieci chilometri da casa, non distante da dove sei salito tu, ho fatto l'autostop e lui mi ha tirato su, arrivati davanti a casa mi ha offerto cinquanta euro per restare in macchina a fargli compagnia, con la promessa di essere a casa prima delle otto di mattina.
Altro che non ha voglia di parlare: due a zero per loro.
La giornata sta per iniziare, la luce naturale mi rassicura un po', siamo ormai prossimi all'entrata in città, l'autista mi ha comunicato che mi lascerà assieme al vecchio che continua a dormire, vicino alla stazione, per me e' perfetto in meno di un quarto d'ora a piedi saro' a casa.
In prossimità dell'arrivo mi offro per pagare una colazione ma l'autista ringrazia ma rifiuta, dice che deve proseguire poi mi prega di svegliare il vecchio.
Senza una parola in più di: ciao.Grazie.Prego ripetuti un paio di volte ci lasciamo.
Il vecchio e' ancora assonnato e non si muove benissimo, chiedo se ha bisogno d'aiuto, mi porge il braccio e camminiamo assieme fino al vicino binario dieci del treno, dove si accomoda su una panchina e mi saluta.
Ma aspetta un treno?
No, vivo qui.
E dove dorme ?
In macchina del signore di prima, passa a prendermi verso le ventidue. Arrivederci.
Arrivederci
Tre a zero per loro?
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